L'annuncio di Matteo Renzi che all'interno della legge di Stabilità 2016non vi saranno provvedimenti in vista della riforma delle pensioni non poteva che essere nell'ordine delle cose: l'andamento del dibattito era stato chiaro sin da quando il premier aveva annunciato che qualsiasi intervento sarebbe stato a somma zero per le casse dello Stato. Del resto, un elemento politico da tenere in conto è il ruolo che gioca l'Europa all'interno delle economie nazionali degli stati membri della UE: da Bruxelles, infatti, era giunto un monito importante affinché l'Italia non tocchi la riforma Pensioni Fornero.

L'unica proposta che sembrava accettabile era quella di Tito Boeri, il totale passaggio al contributivo in caso uscita anticipata, grazie al quale il sistema previdenziale sarebbe divenuto sostenibile a pieno nella misura in cui a pagare la flessibilità in uscita sarebbero stati proprio i lavoratori; in questo senso, la scelta di Matteo Renzi di rinviare tutto al 2016 ha un valore elettorale: il PD è in calo di consensi, una riforma delle pensioni fortemente penalizzante avrebbe avuto sicuramente un impatto negativo. Intanto, giungono le proteste dei sindacati che, in maniera unitaria, contestano la decisione del governo Renzi: quello che resta da capire è lo spazio di manovra che la lotta politica organizzata dal basso ha di incidere sulle decisioni governative.

La lotta politica, i sindacati e le ultime news sulla riforma pensioni 2016 del governo Renzi

Le dichiarazioni dei leader dei sindacati intorno alla mancata riforma delle pensioni nella legge di Stabilità 2016 sono state molto dure. La più netta è stata sicuramente quella di Susanna Camusso della CGIL che ha sottolineato un aspetto importante: rinviare la proposta di riforma delle pensioni da parte del governo Renzi al 2016 significa che, se riforma ci sarà, sarà realmente a costo zero, in quanto gli eventuali fondi sarebbero dovuti essere stanziati nella manovra di Stabilità.

Ma cosa significa 'a costo zero'? Molto semplice, che a pagare qualsiasi provvedimento saranno i lavoratori. Alle dure accuse di Susanna Camusso fanno eco Domenico Proietti della UIL che parla di 'errore gravissimo' da parte del governo e Annamaria Furlan della CISL che sottolinea come sul tema del lavoro e delle pensioni il governo agisce soltanto per slogan televisivi.

La questione aperta resta un'altra: qual è lo spazio di una possibile lotta politica su questo tema? Il discorso è molto difficile da approcciare: la linea politica del governo Renzi è stata fin dall'inizio quella di discreditare il ruolo dei sindacati i quali, comunque, hanno mostrato sempre una debolezza eccessiva nel contrastare le iniziative degli ultimi governi (Monti-Letta-Renzi). Una mobilitazione unitaria potrebbe realmente cambiare le sorti in gioco? In realtà, il governo Renzi è espressione della linea di politica economica della UE (nonostante si giochi, di tanto in tanto, al ruolo dell'opposizione), che prevede la cancellazione del welfare state, il taglio alla spesa sociale e una trasformazione in senso neoliberista delle economie degli stati membri.

La mancata riforma delle pensioni del governo Renzi va letta in connessione con le altre 'riforme' del governo Renzi: il Jobs Act sul lavoro, che rende più instabile e precaria la situazione dei lavoratori dipendenti, i tagli alla sanità e la riforma della scuola. Soltanto, probabilmente, la capacità di un movimento dal basso di connettere tutte queste lotte in vista di una mobilitazione unitaria per un'idea differente di politica economica potrebbe riuscire a smuovere qualcosa: i tempi, comunque, non sembrano essere ancora maturi in questo senso.

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