Ogni P.A., per poter svolgere le sue funzioni istituzionali, può scegliere di stipulare un contratto d’appalto con terzi che abbia ad oggetto la produzione di beni o servizi necessari (la cosiddetta esternalizzazione) oppure può optare per l'affidamento ad una società in house (considerata un prolungamento organizzativo della P.A.). Tale affidamento in house ha quindi carattere eccezionale rispetto all'ordinaria modalità di scelta del terzo contraente, che avviene attraverso la procedura di gara pubblica. La P.A., tutte le volte che vuole affidarsi ad una società in house, deve però rispettare alcuni requisiti che rendono legittima tale scelta.
In primis, c’è il requisito del controllo analogo, nel senso che la PA deve avere un potere di ingerenzanell’organizzazione della produzione del bene o del servizio. Segue il requisito che prevede uno svolgimento prevalente dell’attività della società in house in favore della P.A. controllante. Il Consiglio di Stato, con la recente sentenza n. 5732 del 17.12.15 sembra avere previsto anche un altro requisito: la reale convenienza per la P.A. di preferire l’affidamento in house, rispetto alle condizioni economiche offerte dal mercato.
Quando è legittimo l’affidamento in house al posto della gara pubblica?
Il caso da cui trae origine la sentenza del Consiglio di Stato riguarda un'azienda sanitaria locale, che prima decide di bandire una gara pubblica per affidare un servizio avente a oggetto la sanificazione e la pulizia delle proprie strutture, poi cambia idea.
Revoca la procedura concorrenziale e sceglie la propria società in house, la Sanitaservice. In seguito, l’Asl viene citata in giudizio davanti al TAR (Tribunale amministrativo) da due partecipanti alla gara pubblica che ritengono di aver subito un pregiudizio.
Il TAR dà ragione ai due partecipanti e annulla gli atti con cui l’Asl aveva revocato la procedura d’appalto.
L’Asl, così, decide di fare ricorso in Consiglio di Stato, sottolineando come la decisione di affidare il servizio alla società in house si fondasse sul presupposto di una maggiore "convenienza economica". Il Consiglio di Stato, però, rigetta il ricorso ritenendo gli atti della procedura di gara viziati, dato che in quel caso mancava appunto il presupposto del "vantaggio economico".
Principio della convenienza economica: parametro per escludere la gara
I giudici amministrativi ritengono che ogni P.A., prima di scegliere fra l’affidamento in house e il ricorso al mercato attraverso la gara pubblica, deve sempre valutare gli interessi pubblici e privati coinvolti, individuando il modello più economico ed efficiente, previo espletamento di un'istruttoria e di una valida motivazione. I giudici del Consiglio di Stato hanno sottolineatoche, qualora manchi una valida ragionecirca la "convenienza economica" dell’affidamento in house, bisogna preferire la procedura ad evidenza pubblica quale unica via obbligata.
Tale principio, infatti, deriva dall’articolo 4, commi 7 e 8, del Dl 95/2012, il quale consente l’affidamento in house solo ed esclusivamente per la gestione di servizi di interesse generale.
Gli ermellini quindi fanno presente, come nel caso in specie, che il contratto dell’Asl aveva ad oggetto la pulizia delle proprie strutture, riferendosi dunque ad un servizio strumentale che necessitava di una gara pubblica. Tutto ciò, per evitare l’ingenerare di alterazione della libera concorrenza e della parità di tutti gli operatori economici. Per info di diritto, premi il tasto segui accanto al nome.