Durante l’ultimo incontro tecnico tra governo e sindacati del 6 novembre, l’argomento centrale è stato sempre l’aspettativa di vita e l'innalzamento dell'età pensionabile a 67 anni. Nulla di nuovo per quanto riguarda l’ipotetico stop all’aumento generalizzato, perché, come ormai confermato, per esigenze di conti pubblici e sostenibilità del sistema pensionistico, le Pensioni nel 2019 subiranno una impennata per quanto concerne i requisiti di accesso. Due ore di discussioni, però, hanno prodotto sicuramente qualcosa, perché si continua a valutare l’ipotesi di bloccare l’inasprimento dei requisiti per alcune categorie di lavoratori.

In pratica, molti potranno lasciare il lavoro con i requisiti di oggi, cioè 66 anni e 7 mesi di età con almeno vent'anni di contributi per la pensione di vecchiaia e 42 anni e 10 mesi per la anzianità o anticipata come si chiama oggi. La novità è che nella discussione, come riporta l’edizione del 7 novembre de “Il Corriere della Sera” in versione digitale, la platea di soggetti salvaguardati sembra possa aumentare. Ecco il punto della situazione e le probabili decisioni in vista della manovra finanziaria che va approvata entro fine anno.

Usuranti e gravosi

Viene confermato l’intervento relativo ai lavori usuranti, ai quali già la scorsa Legge di Bilancio aveva portato buone nuove. L’aspettativa di vita non sarà un fattore che determinerà un peggioramento dei requisiti di accesso alla pensione anticipata per usuranti.

La pensione per questi soggetti resta a 61 anni e 7 mesi di età, senza finestre mobili e probabilmente sarà così fino al 2026. Si tratta di quei lavoratori impegnati in attività lavorative nelle ore notturne, tra le 22 e le 5 del mattino tanto per intenderci. Usuranti in senso stretto e, come riporta l’elenco sul sito Inps, sono anche i palombari, operai di cave e miniere, addetti alle linee a catene ed in turni, gli autisti di mezzi adibiti a trasporto di un numero di persone maggiore di 9 e tutti quelli che per lavoro sono costretti a restare soggetti ad alte temperature, in spazi ristretti o a contatto con l’amianto.

Se per gli usuranti nessun problema, il tavolo tecnico era incentrato sui lavori gravosi, categorie di lavoratori ben più numerose degli usuranti perché trattasi di attività molto diffuse. Sembra che l’intervento in salvaguardia abbia preso l’indirizzo di confermare lo sconto rispetto all’aspettativa di vita alle undici categorie di lavoratori a cui la scorsa manovra aveva destinato Ape social e Quota 41.

Dentro, quindi, infermieri ed ostetriche delle sale operatorie e sale parto, maestre delle scuole primarie e degli asili nido, edili, autisti di mezzi pesanti, macchinisti dei treni, addetti alle pulizie, spazzini, addetti all’assistenza disabili e non autosufficienti, conciatori di pelli, facchini e gruisti.

Nuove attività al vaglio del Governo

Numerose sono le polemiche su quello che a tutti gli effetti appare come una discriminazione dal punto di vista del lavoro. Pochi giorni fa Poletti ha ripetuto che si stia lavorando per valutare quali mansioni o attività di lavoro possano essere considerate gravose. Uno studio che trova d’accordo anche i sindacati e che sembra necessiti di un approfondimento addirittura scientifico.

Molti critici considerano qualsiasi attività come gravosa se si viene costretti a restare al lavoro fino a 67 anni. Ma il problema originario dei conti pubblici non appara superabile e, pertanto, bisognerà intervenire a campione, senza un taglio strutturale all’aumento di età dal 2019. Il lavoro al tavolo della trattativa sembra aver allargato le maglie dei lavori da considerare gravosi e, nel prossimo summit del 13 novembre, altre potrebbero fare capolino. Alle undici categorie di cui parlavamo prima, lo stesso trattamento agevolato sarebbe concesso ai siderurgici, agli operai agricoli ed a quelli marittimi. Si passa da undici attività a quindici perché sarebbe stata aggiunta anche la categoria degli operai che danno forma ai prodotti metallici fuoriusciti dagli altiforni, i cosiddetti stampatori a caldo.

Allargare la platea alle mamme lavoratrici con prole sembra essere una idea accantonata perché troppo onerosa. Si ragiona però ancora sugli addetti alla lavorazione del vetro ed anche sulle forze dell’ordine, per le quali la pensione si percepisce a 62 anni e che dal 2019 salirà anch’essa di cinque mesi. Tutto questo in attesa che il Governo crei quella commissione scientifica che sancirà quali sono le attività più logoranti di fronte alle soglie di accesso per le pensioni.