Sul fronte dei Democratici, Hillary Clinton risponde a Donald Trump che aveva vinto gli ultimi due turni delle primarie repubblicane in South Carolina e Nevada. In quest'ultimo Stato, l'ex first lady aveva vinto di misura su Bernie Sanders lo scorso 20 febbraio. In South Carolina invece stavolta la vittoria è stata schiacciante.

Hillary stacca Sanders di oltre 47 punti percentuale

Alle primarie del South Carolina, Hillary Clinton ha ottenuto il 73,5 per cento dei consensi contro il 26 per cento di Sanders, stavolta non c'è stata partita ed in questa circostanza il senatore del Vermont che, nei turni precedenti,si era mostrato un rivale pericoloso, ha subito un duro colpo.

La macchina organizzativa dei Clinton inizia dunque a funzionare a pieno regime? Questo ce lo diranno i prossimi turni, in particolare quello dell'1 marzo che vedrà i due candidati confrontarsi in ben 11 Stati e tra questi alcuni potranno dare un quadro generale della corsa verso la candidatura alla Casa Bianca tra i Democratici, considerato che andranno al voto Texas, Georgia, Massachusetts, Virginia, Minnesota, Colorado e Tennessee, tanto per citare quelli che mettono in palio il maggior numero di delegati. Ricapitolando, finora Hillary Clinton è stata la candidata più votata in Iowa, Nevada e South Carolina ma in quest'ultimo caso è stata la prima affermazione netta di colei che viene considerata la candidata naturale alla presidenza tra i Democratici.

Bernie Sanders ha vinto solo nel piccolo New Hampshire, anche se con un lusinghiero 60 per cento.

Primo marzo, il giorno più lungo

Election Day in 11 Stati per le primarie democratiche ed in 14 per i Repubblicani. L'1 marzo è un giorno davvero importante per confermare la credibilità dei candidati. I sondaggi nazionali per il momento vedono una sfida per la Casa Bianca tra Hillary Clinton e Donald Trump, anche lui finora vincitore in tre turni su quattro e sconfitto soltanto nello Iowa a vantaggio di Ted Cruz. Sarebbe una sfida tra i sostenitori della politica tradizionale e gli ultranazionalisti, orfani del pugno duro di Ronald Reagan o dei Bush ma nello stesso tempo delusi dall'attuale classe dirigente.