Il solo fatto che Google possa avere paura è una notizia che dovrebbe spaventare tutti noi. Un anno fa il colosso di Mountain View ha avviato un progetto che si chiama "Rankbrain". Amit Singhal, 46 anni, un vero veterano di Google e capo del business più redditizio, quello del motore di ricerca, autorizzò l'utilizzo di intelligenza artificiale per una parte non marginale del gigantesco flusso di query che ogni secondo arriva dalla rete. Le cose non devono essere andate poi così bene. Singhal ha lasciato la poltrona aJohn Giannandrea, il manager che, fino a pochi giorni fa coordinava e dirigeva la ricerca sull’intelligenza artificiale.

Si tratta di un avvicendamento che lascia trasparire un disagio aziendale che è tutt’altro che marginale.

Edmond Lau, ha lavorato con il team di ricerca di Google ed è l'autore del libro “The Effective Engineer”; recentemente ha scritto in un blog di discussione specialistica che Singhal ha “un pregiudizio filosofico contro il machine learning”. Con l’apprendimento automatico, spiega Lau, (machine learning, la caratteristica principali di “Rankbrain”), diventa “difficile da spiegare e verificare il motivo per cui un particolare risultato di ricerca abbia un range più alto di un altro risultato per una determinata query. Diventa difficile, inoltre, modificare direttamente una macchina basata sul sistema di apprendimento automatico per privilegiare l'importanza di certi segnali rispetto ad altri”.

Lo scorso autunno, un senior staff writer della redazione americana di Wired, Cade Metz, ha intervistato un ex googler. “Mi ha chiesto di conservare l’anonimato e mi ha detto che i ricercatori di Google erano riluttanti ad adottare l’intelligenza artificiale”, ha scritto Metz. La discussione fra gli esperti sta cominciando ad emergere nelle pagine del blog “Quora”.

Le reti neurali profonde, hardware e software che assomigliano alla rete di neuroni nel cervello umano, possono imparare a identificare le foto, a riconoscere i comandi vocali in uno smartphone, e, soprattutto, a rispondere più in fretta e meglio alle query di ogni tipo. “In alcuni casi, possono imparare un compito così bene da superare gli esseri umani.

Possono fare meglio. Possono farlo più velocemente. E possono farlo in una scala molto più grande”, ha scritto Metz siu Wired. Per Google Search è una rivoluzione.

Fino ad un anno fa, infatti, il motore di ricerca ha funzionato solo grazie alle migliaia di algoritmi scritti dagli ingegneri. di ricerca su Internet. Il controllo “umano” di Google è stato anche al centro di un’indagine dell’Antitrust europeo. L’accusa era di condizionare i risultati per sfavorire i competitor. Adesso, con l’intelligenza artificiale, le accuse di questo tipo saranno più difficile di dimostrare. “Rankbrain” è più efficiente, dicono gli esperti su Quora, c’è solo un problema: non sappiamo perché preferisca un risultato ad un altro. Agisce in modo incontrollato perché impara tutto troppo in fretta. Sembrrebbe veramente “Hal2000”, il computer impazzito di “2001 Odissea nello spazio”.