Questa estate, lo scorso 27 giugno, è scomparso a 87 anni Alvin Toffler, sociologo canadese di fama mondiale, uno dei pochi visionari del nostro tempo che ha dato dignità scientifica alla cosiddetta futurologia o futurismo (secondo la terminologia anglosassone). In tempi non sospetti e di grande anticipazione con gli stessi McLuhan e Asimov ha intravisto con grande lungimiranza il futuro, analisi tutt'oggi in gran parte verosimili e attendibili.

L'uomo dopo il futuro

Anni '70 e '80: Toffler pubblica dapprima “Lo Shock del futuro” e successivamente “La Terza Ondata”, bestsellers internazionali, un poco meno in Italia sempre attardata su certe dinamiche.

Per Alvin Toffler, la buona futurologia non mira a descrivere scenari esatti (consapevole di tale impossibilità metodologica) ma a illuminare orizzonti possibili, meglio se desiderabili. In tal senso i suoi lavori più celebri, pur anche utilissimi qua e là a "corporations" elettroniche e informatiche e persino a nazioni emergenti economiche come la stessa Cina, suonano oggi come veri e propri atti di accusa retro ai governi occidentali, incapaci di pilotare il futurismo sociale nato dopo la seconda guerra mondiale, con la rivoluzione elettronica e le conquiste della scienza. Toffler ben illustrava la mutazione epocale in atto, gli effetti prevedibili sulla mente umana e la psicologia collettiva stessa, indicava almeno a grandi linee come superare le sfide del duemila, non solo appunto tecnologiche ma anche psichiche e filosofiche.

Indicava anche le conseguenze, oggi fin troppo reali, se i governi democratici occidentali avessero ignorato le trasformazioni già in atto da fine novecento, limitandosi come successo ad aggiustare il presente con qualche innesto e modifica strutturale, anziché capire la necessità e l'urgenza - nel mondo nuovo ipercomplesso all'epoca nascente - di profonde rivoluzioni concettuali e pragmatiche.

Per un darwinismo sociale umanista

Alvin Toffler non era un futurista tecnofilo o uno scientista utopico ambiguo. Era un non frequente umanista del Duemila, auspicava nuove società basate sia sulla conoscenza scientifica concertata per le macchine strettamente politico-economiche, sia sul nuovo immaginario scientifico, nato ad esempio dalla fantascienza, a livello psicologico, come adattamenti desiderabili e creativi per un mondo del futuro migliore il più possibile e per la maggior parte degli esseri umani e le aree geopolitiche del pianeta.

Come altri futurologi di ieri o del presente, da Julian Huxley, Norbert Wiener, Robert Jungk e gli stessi McLuhan, Asimov e Clarke agli attuali cosiddetti transumanisti, Max More, Zoltan Istvan, Raymond Kurzweil, per non parlare di Bill Gates e Larry Page, di Microsoft e Google, in Italia da Silvio Ceccato a Riccardo Campa e altri, ritornava e ripartiva dall'essenza del darwinismo sociale di Darwin, appunto umanistico e non meramente deterministico come poi si sviluppò in certo senso il darwinismo stesso, nelle sue estrapolazioni sociali. Paradossalmente, fino ad un certo punto almeno, proprio le ben note crisi contemporanee economico-sociali e geopolitiche, dimostrano in controluce la grande anticipazione non solo diagnostica, ma anche come complessa soluzione potenziale, delle analisi del grande futurologo.