Quando pensiamo ad animali che si cibano di altri individui della stessa specie vengono facilmente a mente la mantide religiosa e la vedova nera: ma in realtà questa sconvolgente pratica in natura è più diffuso di quanto era stato ritenuto in precedenza. Secondo le più recenti scoperte scientifiche sono centinaia - se non migliaia - le specie animali a praticare cannibalismo, in una situazione di scarsità di cibo ma anche per sottomettere i nemici. Nell'uomo il cannibalismo è associato a situazioni drammatiche di estrema necessità, ma può trattarsi anche di una sconcertante perversione.
Vediamo cosa ha scoperto la Scienza su questa oscura pratica.
Il cannibalismo tra le specie animali
Negli ultimi lustri gli scienziati si sono resi conto che il cannibalismo è una pratica molto diffusa in natura, e che riguarda anche specie che non avremmo immaginato, per esempio i leoni, che dimostrano il loro potere cibandosi dei cuccioli del maschio rivale. Il cannibalismo nel mondo animale vede spesso nei cuccioli o nei soggetti deboli le prede preferite, e le femmine lo praticano più dei maschi. Molte specie animali inoltre non riconoscono le uova come "membri della propria specie", bensì come un succulento pasto molto nutriente.
Il cannibalismo negli animali segue precisi schemi, e anche se può sembrare macabro, spesso risulta conveniente per le specie che lo praticano.
tra le quali si annovera anche il temibile Varano di Komodo. Nei pesci la pratica di mangiare uova - che vengono deposte in gran numero, e sono un'ottima fonte di nutrimento - è prassi comune. Per alcune razze di uccelli invece è una questione di sopravvivenza, e talvolta i pulcini si mangiano tra loro.
Il cannibalismo umano
Se da diversi secoli il cannibalismo umano è considerato qualcosa di sconcertante, in altre epoche era qualcosa di molto diffuso, a tutte le latitudini, Europa compresa. Negli anni sono stati scoperti resti di ominidi preistorici che praticavano il cannibalismo, anche associato al culto dei morti. L'uomo di Neanderthal per esempio interrava i propri defunti e svolgeva un rito funebre che prevedeva anche di cibarsi di alcune parti del cadavere.
Il cannibalismo rivolto a membri della propria famiglia - definito endocannibalismo - era praticato nella convinzione di acquisire le virtù del defunto, ma talvolta era praticato anche per ragioni economiche e per fame, ed in questo caso è rivolto verso estranei al proprio nucleo familiare, spesso a prigionieri. La pratica è diventata più rara da quando l'umanità ha iniziato a dedicarsi all'agricoltura, che ha generato maggiore disponibilità di cibo. Anche il passaggio dalla vita in piccoli clan al modello "statale" ha contribuito ulteriormente a estinguere l'orrenda pratica.
Il caso degli Atzechi
Nonostante la società Atzeca - civiltà esistita nel XIV, XV e XVI secolo - fosse ben strutturata e organizzata e non ci fosse penuria di cibo, il cannibalismo di massa era una consuetudine, sotto forma di "sacrificio rituale".
Si stima che decine, forse centinaia di migliaia di prigionieri ogni anno siano finiti in pasto alla popolazione. Ma questo secondo gli scienziati sarebbe dovuto alla carente fauna della zona del Messico che abitavano. Gli Atzechi non allevavano bestiame, e spesso anche i raccolti erano minati da carestie. Il cannibalismo fu usato dai conquistadores come "giustificazione" per le violenze commesse sui popoli che lo praticavano, e talvolta la pratica è stata addebitata anche a civiltà che non la praticavano, con lo scopo di screditarle.
Cannibalismo oggi
Ancora oggi in Nuova Guinea sopravvive una popolazione chiamata Korowai, composta da circa 2.500 persone che vivono in clan di 40-50 individui, che sono in conflitto tra loro e praticano cannibalismo rituale.
O quanto meno lo praticavano fino a poco tempo fa, in quanto hanno pochissimi contatti esterni e anche le istituzioni locali non riescono a monitorarli. I Korowai vivono immersi nella natura e dormono in casette sugli alberi, a venti metri di altezza.