Tra il 1949 e il 1963 il famoso archeologo francese, André Leroi-Gourhan, impegnato negli scavi della Grotte du Renne, ad Arcy sur-Cure, rinvenne diversi manufatti preistorici, ornamentali e simbolici, con evidenti segni di utilizzo.I monili, molto piccoli, realizzati in avorio, osso e conchiglie, con elementi non più grandi di un centimetro, furono attribuiti all'Uomo Moderno, anche se nella grotta furono ritrovati resti umani che sembrava appartenessero ad ominidi di tipo Neanderthal.

La disputa scientifica

Alcuni studiosi attribuirono i manufatti, nell'immediato, alla cultura preistorica Castelperroniana, legata alle ultime fasi della presenza dell'Uomo di Neanderthal in Europa.

Altri asserirono che i Neanderthal non erano capaci di espressione simbolica e, quindi, associarono gli oggetti, indice di un'elevata evoluzione intellettuale, ad individui più recenti.

Studi successivi, eseguiti con il metodo del Carbonio-14, misero in dubbio la relazione tra iNeanderthal e i reperti rinvenuti nella Grotta.

Secondo tali studi i monili erano stati ritrovati in uno strato superiore del sito archeologico, mentre i resti umani erano stati rinvenuti in uno strato inferiore, e quindi più antico.

Si pensò, allora, che gli oggetti fossero stati realizzati più recentemente dall'Homo Sapiens e si liquidò la possibilità che i nenderthaliani potessero avere una abilità specifica per la realizzazione di monili o di oggetti decorati, dal valore simbolico.

Gli studi e la scoperta

Oggi è emersa la probabilità che la datazione del Carbonio-14 sia stata distorta dalla presenza di contaminanti sui campioni analizzati.

A queste conclusioni sono giunti Ross Mc Phee, paleontologo presso l'American Museum of Natural History di New York, e Matthew Collins, archeologo biomolecolare dell'Università di New York, che hanno deciso di analizzare i reperti attraverso la comparazione proteinica.

L'idea dell'analisi del DNA è stata subito accantonata in quanto scarso a causa delle esigue dimensioni dei reperti.Il nuovo studio non ha lasciato spazio a dubbi: i resti sono umani e il confronto tra il collagene ottenuto dai piccoli frammenti ossei ritrovati e quello dell'Uomo Moderno stabilisce che si tratta dei resti di ominidi di Neanderthal.

In questi, infatti, è presente un particolare aminoacido diverso da quello presente nell'Homo Sapiens.Il collagene contenuto nei frammenti, inoltre, è tipico di un osso della crescita e, precisamente, dei lattanti.

Eseguendo la scansione del DNA mitocondriale, (quello materno), ed equiparandolo a quello delle Donne Moderne si è scoperto che la mamma del proprietario dei resti non può essere che una Neanderthal.

Conclusione

La conclusione è che i manufatti decorati sono stati realizzati da ominidi Neanderthal che, per conseguenza, dovevano aver sviluppato non solo una certa abilità e un gusto estetico, anche se primitivo, ma che riuscivano ad associare concetti e simboli, e ad utilizzare oggetti personali, proprio come gli esseri moderni che li soppiantarono 40 000 anni fa.