Se ne parla poco delle contaminazioni di fiumi e acqua potabile dai Pfas, sostanze chimiche di sintesi pericolose per l’ambiente e per l’uomo che in questi giorni sono diventate motivo di conflitto fra regione Veneto e governo. Il presidente Luca Zaia ha dichiarato di essere pronto a ‘procedere in piena autonomia verso una radicale riduzione dei limiti dell'inquinante’, visto che, ha proseguito, ‘non esisterebbe la volontà dei ministeri competenti a promulgare una legge nazionale sui limiti di Pfas’.
Non si è fatta attendere la replica del ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che ha sottolineato come il ministero abbia già ‘stanziato delle risorse in materia’, e che ‘la questione non è nazionale ma riguarda solo una parte del territorio veneto’.
Quella parte dove il problema è effettivamente più grande perché accelerato dagli scarichi di industrie locali e in particolare dall’azienda Miteni Spa di Trissino, nel nord ovest vicentino; indicata come una delle principali fonti di Inquinamento in base dalle concentrazioni di Pfas rilevate sopra i limiti nel depuratore di Trissino dove confluiscono gli scarichi.
Pfas, in Veneto livelli inaccettabili
Secondo Greenpeace, che lo scorso febbraio ha raccolto campioni di Acqua in un’area tra le province di Vicenza, Verona e Padova, il problema dell’inquinamento dai Pfas starebbe interessando una vasta zona di territorio veneto abitata da oltre 350 mila persone.
Gli interventi di queste ore del presidente della Regione e del ministero della Salute sembrerebbero portare con sé l’urgenza di una scoperta appena fatta.
Ma così non è, visto che una prima battaglia del Pfas risale addirittura agli anni Settanta e portò alla chiusura della fabbrica allora di proprietà del Conte Marzotto. E il Veneto non sarebbe nemmeno la sola regione italiana ad essere inquinata da queste sostanze: un indagine del CNR fatta nel 2013 aveva già ampliato la questione a diverse altre zone della Penisola, riscontrando criticità anche nella provincia di Alessandria, di Pisa, in Lombardia e nell'intera asta fluviale del Po, che in quello stesso anno 2013 era stato definito dall'Unione europea come il fiume più inquinato del continente.
Miteni Spa, la fabbrica dei veleni
Nello stesso rapporto pubblicato nel febbraio 2017, Greenpeace afferma anche che si tratta ‘di un’emergenza ambientale senza precedenti’, e che la gravità della situazione sia maggiore di quanto si creda. Mentre un interessante articolo di ‘Repubblica’ dello scorso 22 marzo, ci riferiva altresì di alcuni valori inquietanti: un pesce pescato a Creazzo aveva nei tessuti 57,4 nanogrammi (per grammo) di Pfas.
E nel sangue di un operaio che ha lavorato per undici anni nella fabbrica Miteni, distante una quindicina di chilometri dal fiume, analisi private hanno contato 91mila nanogrammi dello stesso Pfas. Secondo alcuni studi nordamericani in un uomo i nanogrammi presenti non dovrebbero essere non più di tre. Dal 1965 ad oggi nel reparto della Miteni sono morte ventuno persone su sessantanove. Nessuna di morte naturale.
Pfas, gli usi nel mondo
Il Pfas è un composto chimico prodotto già dal 1938 e viene usato nel mondo per i trattamenti di finissaggio dei tessuti e nei processi di impermeabilizzazione, oggi soprattutto degli smartphone. Queste sostanze vengono impiegate anche per la carta da pizza e le pellicole antiaderenti delle padelle. Sul mercato esistono e sono già disponibili alternative ai Pfas: le aziende che usano queste sostanze non hanno più scuse.