L'olio extravergine d'oliva, conosciuto anche come EVO (la produzione migliore, più pura, a ridottissima acidità) è una delle nostre eccellenze nazionali, molto nota anche all'estero. Prossimamente potrebbe arrivare un altro prodotto estratto dai frutti degli alberi di ulivo, ovvero l'aceto d'oliva, al centro delle ricerche alimentari del Dipartimento di Agricoltura, Ambiente e Alimenti dell’Università degli Studi del Molise (Campobasso), in un'ottica di riciclo ecologico dei reflui oleari, ovvero delle acque derivate dalla lavorazione delle olive votate all'olio.

Interessanti sono stati i risultati delle prime sperimentazioni che hanno portato ad un aceto naturale, ricco di biofenoli, salutari se assunti quotidianamente in una specifica quantità, fissata dalla EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) in 5 mg di idrossitirosolo. Il neonato aceto d'oliva ha un elevato contenuto di fenoli (3,6 g/l), un terzo dei quali è costituito proprio dal suddetto idrossitirosolo.

Le ricerche sono in corso, al fine di arrivare ad una migliore definizione del prodotto sotto il punto di vista chimico, per quello che si preannuncia come un traguardo decisamente stimolante. Di recente è stato anche pubblicato uno studio in materia, "Effective assay for olive vinegar production from olive oil mill wastewaters"; ora si attendono ulteriori aggiornamenti.

"Aceto" o "aceto di vino", per legge (d.l. 739 9.10.1970) in Italia è denominazione che può indicare solo il prodotto della fermentazione acetica dei vini. Tuttavia, sotto il profilo alimentare, esso si declina in numerose varietà, a seconda dell'origine: da cereali, da frutti, addirittura - nuove frontiere - da ortaggi come pomodori o cipolla.

Esiste il delicato aceto di miele, il pregevole balsamico modenese e, all'estero, l'olfattivamente legnoso Jerez (spagnolo), il Kurosu giapponese, ottenuto dalla fermentazione del riso nero integrale, e molti altri ancora.

La sua storia si perde nella notte dei tempi; probabilmente è stato il primo vino. Già gli Egizi, oltre 10.000 anni fa, lo usavano come disinfettante e bevanda, così come i Romani.

Sale alla mente l'episodio evangelico di Cristo in croce, morente e dissetato dai soldati con una spugna imbevuta d'aceto posta in cima ad una canna.

Etimologicamente, invece, si risale ai nostri avi latini: il verbo "ăcēto" significa acidificare e, in senso figurato, inasprirsi; "ăcētārĭa" era l'insalata condita con aceto, "ăcētābŭlus" il vaso per conservarlo. Con "ăcētum" si indicavano sia l'aceto che il miele vergine mentre, traslato, il termine valeva anche per "satira", "spirito mordace".

Questo liquido, al di là dell'alimentazione, gode anche di efficaci proprietà sgrassanti: è ben più naturale di qualsiasi ammorbidente ecologico se usato per il bucato a mano o in lavatrice, ed è pure anticalcare.

Ai tempi in cui non esisteva la vasta gamma di prodotti anti-pidocchi (chi ha bimbi piccoli in età d'asilo sa - con sgomento - cosa significa debellare questa piaga), risciacquare i capelli con l'aceto era una delle raccomandazioni. Onore, dunque, a questo prodotto e alla sua "aspra forza", e ben vengano nuove proposte, rispettose della natura e genuine.