Ambiente e salute: averne cura significa qualità di vita; l'attenzione è sempre più alta, anche perchè sempre più alti sono i rischi, figli di un progresso non sempre coscienzioso, quanto dettato dal possibile profitto. Nel quotidiano, una lettura delle etichette aiuta a scegliere meglio i prodotti di più comune utilizzo domestico: non sono solo le vistose ciminiere inquinano, ma anche invisibili componenti in certi saponi, ad esempio, o nello shampoo antiforfora. Vediamo con maggior precisione come orientarci.
Nuove norme e ricerche Ismac-Cnr pongono l'Italia all'avanguardia contro il 'Marine litter' e l'abuso di plastica inquinante
'Marine litter', rifiuto marino: Legambiente informa che l'Italia, fino al 2012, guidava la classifica dei paesi europei col maggior consumo di sacchetti di plastica usa e getta, il 25% del totale venduto nel continente. Oggi la percentuale si è assai ridotta, complice il bando sugli shopper non compostabili. E per continuare su questa strada virtuosa, un emendamento alla finanziaria sancisce, dal 2019, lo stop ai cotton-fioc non biodegradabili, e, dal 2020, il divieto di produzione e commercio di cosmetici contenenti microplastiche.
Indagini dell'Istituto per lo studio delle macromolecole del Cnr (Ismac-Cnr) di Biella hanno contribuito a questo iter normativo, ponendo l’Italia all'avanguardia nel contrastare il 'Marine litter', parte del progetto di sensibilizzazione 'Clean Sea Life', co-finanziato dal programma LIFE della Commissione Europea, con capofila il Parco Nazionale dell'Asinara.
Achtung, polietilene!
Sotto la lente dei ricercatori il polietilene (PE) che - secondo dati raccolti dall'Associazione europea dei produttori cosmetici 'Cosmetics Europe' attraverso un campione casuale di 30 tra farmacie, parafarmacie, profumerie e supermercati in 8 regioni italiane - rappresenta il 94% delle microplastiche presenti nei prodotti cosmetici.
Il risultato? Sono 81 i prodotti (di 37 aziende) in cui si rintraccia: circa l'80% in esfolianti, saponi struccanti e un antiforfora, oltre che in creme. Nella metà di questi, la sostanza incriminata si legge nelle prime quattro posizioni dell'elenco ingredienti, dopo l'acqua, e poco vale che alcuni si trovino sugli scaffali dedicati ai prodotti naturali.
Quale è l'accusa mossa all'imputato? Il polietilene è uno dei polimeri più utilizzati nel mondo, spaziando le sue applicazioni dalla plastica per imballaggi alle protesi mediche; ha una composizione chimica semplice, catene di atomi di carbonio, a ciascuno dei quali sono legati due atomi di idrogeno, e proprietà variabili secondo la struttura molecolare di tali catene. La struttura cristallina che ne deriva è di elevata densità, il che si traduce in resistenza.
Sotto la sigla PE, eccolo in sacchetti, pellicole, rivestimenti interni di confezioni in cartone alimentari o flaconi per detersivi, tappi, giocattoli, tubi: insomma, è quasi ovunque. Perchè si rivela dannoso? Sostanzialmente, perchè non è biodegradabile e, gettato, diventa rifiuto non smaltibile nell'ambiente marino.
Queste micropalline presenti in quantità più o meno alte nei cosmetici - per riprendere il punto di partenza - diventano pulviscolo di plastica intorno a noi: si stima che si arrivi a 24 tonnellate di riversamento quotidiano nei mari europei, col Mediterraneo fra i più ostruiti. Dunque ben vengano nuove direttive, per sensibilizzare, concretizzare le ricerche scientifiche e migliorare il nostro ecosistema, senza particolare fatica e con la consapevolezza di essere parte di una società davvero naturale.