Un recente studio pubblicato su "Nature" ha evidenziato un dato piuttosto preoccupante: negli ultimi 25 anni, l'Antartide ha perso 3.000 miliardi di tonnellate di ghiaccio, determinando un innalzamento del livello del mare pari a 8 millimetri. La ricerca si è avvalsa della cooperazione di esperti provenienti da 44 Paesi diversi, riuniti nel gruppo Imbie (Ice Sheet Mass Balance Inter-Comparison Exercise).

Fa parte di questo progetto anche l'Italia, rappresentata da Giorgio Spada, docente di Fisica della Terra all'Università di Urbino, e Daniele Melini, studioso dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv).

Valentina Barletta, invece, ha cooperato a nome dell'Università tecnica della Danimarca.

Gli studiosi hanno lavorato sulla base di dati provenienti da 24 satelliti, che hanno dato la possibilità di monitorare con una certa precisione il tasso di fusione dei ghiacciai in determinate aree del continente. Proprio Giorgio Spada, come riporta l'Ansa, ha affermato che, ad oggi, questo è lo studio più completo mai effettuato sulla massa del ghiacciaio che ricopre l'Antartide. Nello specifico, i ricercatori hanno riscontrato come sia soprattutto la zona occidentale dell'area antartica ad aver accusato una decisa accelerazione della fusione dei ghiacci.

Analizzando i dati compresi tra il 1992 al 2017, gli scienziati del gruppo Imbie hanno notato come l'Antartide occidentale abbia perduto da 53 a 159 miliardi di tonnellate di ghiaccio annualmente, mentre nella penisola antartica la riduzione dei ghiacciai va dai 7 ai 33 miliardi di tonnellate ogni anno.

Nello stesso numero di "Nature", oltre a questo studio internazionale, ne sono stati pubblicati altri quattro che aiutano a comprendere meglio la condizione generale dell'Antartide e, soprattutto i probabili scenari futuri qualora il preoccupante fenomeno dello scioglimento dei ghiacci non dovesse arrestarsi.

Cause del fenomeno: attività umane e fattori naturali

Già da diversi anni, la maggior parte dei glaciologi concorda nell'individuare, tra le cause principali dello scioglimento dei ghiacciai, il cambiamento climatico, provocato in larga misura dalle attività umane che avrebbero determinato un forte aumento della concentrazione di gas nell'atmosfera, incrementando l'effetto serra.

Quest'ultimo è, in realtà, un fenomeno naturale, ma gli alti tassi di inquinamento causati dalle attività antropiche hanno accelerato il processo.

Un altro fattore chiave che starebbe determinando lo scioglimento delle calotte glaciali sarebbe riscontrabile nell'utilizzo di combustibili fossili: esso infatti, in base ad uno studio effettuato dall'Epa (United States Environmental Protection Agency), ha provocato un aumento pari al 148% della concentrazione di metano nell'atmosfera. La deforestazione, invece, ha una forte incidenza sulla percentuale di anidride carbonica nell'aria, poiché se la sostanza non viene assorbita adeguatamente dalla vegetazione tende ad accumularsi, penalizzando fortemente il ricambio con l'ossigeno.

È stata segnalata, inoltre, anche una causa naturale: siccome gli oceani si stanno riscaldando, il rimescolamento delle masse d'acqua oceaniche e antartiche viene ostacolato a causa della spiccata differenza di temperatura riscontrata.

Possibili conseguenze: l'innalzamento dei mari

I ricercatori impegnati nel gruppo Imbie sono al lavoro per analizzare le possibili conseguenze che lo scioglimento dei ghiacciai antartici potrebbe avere sull'ecosistema. Innanzitutto, se il fenomeno dovesse continuare ad andare avanti al ritmo riscontrato nel corso della ricerca, si potrebbe arrivare ad un innalzamento del livello del mare pari a 58 metri. Gli scienziati, ora, puntano innanzitutto a comprendere a fondo il ruolo ricoperto dagli eventi passati nel causare la riduzione delle masse di ghiaccio migliaia di anni fa, per poi metterli da parte per capire con precisione cosa sta succedendo, invece, ai giorni nostri.