L’irrompere nel calciomercato dell’Arabia Saudita sta suscitando grande clamore. Le reazioni ai numerosi acquisti dai massimi campionati europei compiuti dai sauditi sono infatti spesso indignate, soprattutto per l’alta quantità di danaro investita. A far storcere il naso agli osservatori europei è inoltre la qualità del campionato dell’Arabia Saudita, considerata parecchio bassa rispetto agli standard europei.
Negli ultimi mesi, sempre più calciatori e anche diversi allenatori sono stati infatti rilevati da club sauditi. Tra i più noti ci sono Karim Benzema, N’golo Kanté, Ruben Neves, Kalidou Koulibaly, Marcelo Brozovic; ma il novero di calciatori provenienti dall'Europa che hanno scelto la via saudita è davvero ampio.
Non mancano anche gli allenatori: in ordine di tempo, tra gli ultimi, c'è Steven Gerrard, ma anche il neo allenatore partenopeo Rudi Garcia è passato dal campionato saudita, in cui allenano anche, tra gli altri, Cosmin Contra e Nuno Espirito Santo.
Le frontiere esotiche del calciomercato, dagli Usa all'Arabia Saudita
Quello dell’Arabia Saudita non è il primo episodio di un Paese con una tradizione calcistica poco blasonata che irrompe a suon di milioni sul Calciomercato europeo, stravolgendolo e tentando di attirare a sé grandi campioni per far crescere l’appeal del proprio campionato.
Già ai tempi di Pelè (e poi di nuovo nel primo decennio del terzo millennio) ci provarono gli Usa, mentre in tempi più recenti l’esempio forse più vivido è quello della Cina, il cui esperimento calcistico è però poi naufragato e non soltanto a causa del COVID-19, ma anche perché il governo di Pechino ha smesso di reputare strategici per l'economia cinese gli investimenti nel calcio, portando i grandi gruppi industriali che avevano guidato il movimento calcistico della Cina - tra cui Suning, tuttora proprietario dell'Inter - a disimpegnarsi dai club che finanziavano.
Nel calciomercato dominato dall'Arabia Saudita, l'Italia è sempre più periferica
I pesanti investimenti dei sauditi nel calciomercato stridono notevolmente con la situazione del calcio italiano, in cui da ormai diverse stagioni il principio guida che segue la gestione calcistica è quello dell'oculatezza, del saldo positivo tra entrate e uscite: incasso, dunque compro.
E da quello che fu il campionato più bello del mondo se ne vanno in molti e in tanti non ci passano neppure, preferendo imbarcarsi per altri lidi.
Frutto di un aumento dei poli globali del pallone ma segno anche di una Italia calcistica ormai ridotta a un ruolo marginale, periferico, rispetto al calcio globale: se un tempo la Serie A era una meta ambita per calciatori di altissimo livello provenienti da qualsiasi parte del globo, banalmente oggi non è più così e, tutt'al più il Bel paese viene visto dai calciatori più importanti, nelle migliori delle ipotesi, come vetrina per mettersi in mostra o come trampolino per rilanciarsi in vista di nuovi trasferimenti.
Il calciomercato made in Arabia Saudita può aiutare i club europei
L'Arabia Saudita, con le importanti risorse che sta immettendo sul calciomercato, può comunque rivelarsi un utilissimo alleato per il calcio europeo. Che il calcio targato Uefa sia in grossa difficoltà dal punto di vista economico e che la gestione europea del calcio negli ultimi anni sia stata tutto fuorché sostenibile lo dimostrano i continui esperimenti condotti negli ultimi anni dagli organismi che gestiscono il pallone continentale per aumentare gli incassi.
Esperimenti che, nel tempo, si rivelano sempre inefficienti non tanto perché prodotti da idee non valide, ma perché anche i costi tendono costantemente a lievitare, rendendo necessarie sempre nuove strategie.
Ecco che, almeno per il momento, i soldi introdotti sul mercato europeo del calcio dai sauditi possono essere un utilissimo rimedio per i club che hanno bisogno di denaro fresco per potersi sostenere. Anche se chiaramente si tratta di un rimedio temporaneo che produrrà pochi effetti benefici se non accompagnato da reali strategie per rendere sostenibili i costi del calcio. Questa è la vera sfida del calcio europeo dei prossimi anni.
Gli equilibri globali del calcio in evoluzione
Gli europei, dunque, anziché guardare con diffidenza i nuovi ricchi del calcio possono essere sollevati dal loro ingresso in scena. A differenza di altri palcoscenici, come quelli già citati di Usa e Cina, quello arabo potrebbe davvero crescere e diventare nel tempo un competitor del calcio europeo.
Intanto, per la mole di investimenti: per quanto sia i club statunitensi che quelli cinesi amassero spendere tanto per assicurarsi i talenti del calcio europeo, la capacità di spesa dei sauditi non ha davvero eguali, grazie agli investimenti quasi illimitati concessi dalla famiglia reale che ha inserito il calcio negli ambiti che lo stato vuole promuovere per guidare la trasformazione del paese, inseriti nel progetto Vision 2030.
Se davvero ciò avvenisse, sarebbe davvero un unicum nella storia del calcio: il calcio europeo si troverebbe per la prima volta ad avere un competitor alla pari, con il quale confrontarsi e confrontare la propria visione, la propria idea di calcio. Un concorrente che porterebbe il calcio del Vecchio continente a rimettersi in discussione in modo serio. Per la prima volta, gli equilibri globali del calcio potrebbero cambiare davvero. E non è detto che sia un male.