Lo scorso giovedì 1 febbraio, abbiamo intrapreso un viaggio alla riscoperta degli antichi mestieri e dell’artigianato calabrese, intervistando il Maestro tessitore Domenico Caruso, produttore di opere d’arte su arazzi e recentemente anche su una nuova linea di borse.
La tessitura è un’attività molto antica e compare in diverse opere letterarie, la più nota, è l’Odissea d’Omero, in cui Penelope, la moglie di Ulisse, attendeva il suo sposo accanto al telaio, cercando di tenere a bada i proci con la promessa di sposare uno di loro ad opera compiuta.
Il manufatto tuttavia, non poteva volgere a termine dato che la regina lo disfaceva di notte.
Da sempre il telaio è dunque simbolo di pazienza, perseveranza e fedeltà e spesso, in passato, veniva offerto come dono di nozze dal marito alle future spose; quest’ultime erano scelte proprio in base alla loro abilità nell’adoperarlo.
Si trattava di un oggetto un tempo presente in ogni dimora, dalla più modesta alla più ricca, infatti, nelle abitazioni, vi erano sempre una stanza o uno spazio destinati alla realizzazione di manufatti tessili per mezzo di telaio e, le opere più belle, erano solitamente realizzate per il corredo delle giovani ragazze.
La tessitura è un’attività presente anche nella tradizione e nel folklore, legata ad esseri magici
In uno dei loro più noti racconti, i fratelli Grimm ci parlano di Tremotino, un folletto che riusciva a tramutare in oro la paglia filandola; oppure la tradizione sarda, tramanda delle fate note come Janas, che risiedono all’esterno delle grotte e possiedono telai d’oro; e per finire possiamo citale le famosissime Moire o Parche della mitologia greco-romana intente a filare il destino degli uomini.
Un’attitudine, dunque, quella del telaio, condivisa dagli esseri umani e anche da quelli magici o divini di cui ci parlano i miti, la letteratura, le leggende e la storia.
Proprio dal punto di vista storico, la Calabria conobbe una notevole fioritura nell’industria tessile a partire dalla dominazione normanno-sveva, che si intensificò grazie alla lavorazione della seta introdotta dai bizantini nel secolo IX- XI e si diffuse da quì nel resto d’Italia.
La famiglia Caruso di S.Giovanni in Fiore (Cs) , ha una lunga storia di tessitura alle spalle che prende vita proprio dai secoli del 1400, il maestro Domenico,infatti, afferma orgogliosamente:
"Conserviamo ancora tessuti del 1400 e abbiamo in funzione i telai del 1600"
Per quanto riguarda il suo percorso artistico da tessitore, Caruso, racconta di aver intrapreso gli studi a partire dal 1980, anche se sin da bambino è stato cresciuto in mezzo ai telai dalle donne della famiglia, acquisendone tutti i segreti.
Il padre dell’artista, Salvatore, si occupava di allevamento e ingrosso di carni, fino a che, a metà anni 70, decise di dedicarsi alla valorizzazione dei tessuti silani, abbandonando il commercio di bestiame.
Fu nel 1985 che Domenico, dopo aver terminato gli studi in arte dei tessuti e dei tappeti, ottenne dal padre l’amministrazione dell’attività tessile.
Numerosi i personaggi che il maestro, durante la sua carriera ha avuto l’occasione di ospitare in bottega, da Sgarbi a Katia Ricciarelli a numerosi ministri ma, l’incontro ricordato da Caruso con maggiore affetto è quello con Giovanni Paolo II.
"Incontrai il papa per conferirgli un’opera rappresentante i cerchi trinitari di Giocchino da Fiore afferma il maestro, "si trattava di un manufatto cui realizzazione aveva richiesto più di un anno di tempo; era annodato a mano, in pura seta e racchiudeva 7 milioni e mezzo di nodi".
Un momento portato nel cuore da tutta la famiglia Caruso e custodito gelosamente in una foto esposta in bottega, non utilizzata a scopi pubblicitari ma rappresentante un incontro indelebile con il Santo Padre.
Tra i progetti di quest’anno 2018, spicca la nuova linea borse firmata Caruso creata con il contributo di colleghi artigiani specializzati nel settore.
Attraverso queste piccole - grandi opere ,realizzate tramite telaio Jacquard, si vuole raccontare la Calabria "La mia arte è sempre dedicata alla storia della nostra terra" dice il maestro.
Infatti, sulle borse della bottega di corso Telesio, nel cuore del centro storico cosentino, si possono ammirare delle minuziose riproduzioni che spaziano dal Liber Figurarum di Giocchino da Fiore, come l’Albero dell’Umanità,alla rappresentazione del castello calabrese di Caccuri, edificato dai bizantini nel VI sec. d.C. a difesa della Valle del Neto.
Tuttavia, le tematiche dei manufatti non sono solo locali ma molte si ispirano ai grandi pittori del 1900.
Inoltre, il maestro Caruso è famoso soprattutto per la sua produzione di arazzi, cosi chiamati dal nome della città Arras, in epoca medievale la più abile e famosa per la realizzazione di tali opere.
Si tratta di un oggetto che ha rivestito per secoli le pareti di castelli e chiese, con la doppia funzione di abbellimento ed isolamento termico e che ancora oggi, costituisce un prodotto di nicchia, anche se ci si può imbattere, anche in questo campo, in numerosi falsi d’autore.
Abbiamo chiesto al Maestro Caruso come riconoscere un’opera autentica, ed egli ha risposto
"L‘arazzo si riconosce dalla finezza, dal prezzo e dal fatto che non lo si possa comprare in negozi di souvenir o arredamenti ma in una bottega; inoltre,bisogna osservare la battitura delle trame e la cura dei dettagli".
Concludendo l’incontro, l’artista tessitore ci ha ricordato i prossimi eventi importanti in cui sarà presente: una mostra a Malta il 1 febbraio 2018 e, la consegna di un’opera al patriarca cattolico di Gerusalemme Monsignor Pizzaballa il prossimo 13 marzo a Cassano allo Ionio.