La sera del 1° ottobre, nel cuore di Roma, si è conclusa la XXVII edizione della Preghiera per la Pace promossa dalla Comunità di Sant'Egidio. Un pellegrinaggio che in questi anni ha toccato tantissime città europee e non, e che l'anno prossimo arriverà fino ad Antwerpen.

Un evento che ha fatto di Roma la capitale mondiale della pace e della speranza, restituendo alla "Città Eterna" il suo ruolo naturale di centro spirituale e cultura d'Europa. Da qui si è innalzata una speranza nuova di un mondo senza più guerre. Sogno da molti definito utopico, ma come ha sempre più volte ricordato il fondatore della Comunità di Sant'Egidio, Andrea Riccardi, "nell'ottocento era impensabile una società senza schiavitù, eppure oggi la schiavitù non esiste più" (cit).

Dalla piazza del Campidoglio, donne e uomini provenienti da ogni parte del mondo e appartenenti ad ogni religione e alla società civile, hanno pregato e meditato (come ha chiesto lo stesso Papa Francesco durante l'incontro, avuto lunedì, con tutti i partecipanti al Meeting) uno accanto all'altro per la pace.

Alla fine delle varie preghiere e riflessioni per la pace i partecipanti al Meeting si sono ritrovati in Piazza del Campidoglio dove, prima della consegna dell'appello di pace, sono intervenuti: il sindaco di Roma Ignazio Marino, il giornalista Domenico Quirico, il Presidente della "Associazione Gandhi" Eritrea Alganesh Fessaha ed il fondatore della Comunità di Sant'Egidio Andrea Riccardi, che hanno testimoniato come la pace sia sempre possibile perché il bene "nella sua banalità" (cit.) è presente in piccoli ma significativi gesti che possono salvare una vita, anche in quei posti in cui regna solo il terrore e la violenza.

"La guerra imprigiona anche chi la fa" come ha detto lo stesso Domenico Quirico in uno dei tanti panel che si sono svolti durante il meeting. Per questo bisogna spezzare questo circolo vizioso che imprigiona tutti. Questo è il messaggio che è emerso nei tre giorni di preghiera e confronto che hanno preceduto la firma dell'appello di pace.

Da ieri con la firma dell'appello di pace è partito un nuovo cammino di speranza che condurrà, nel centenario della prima guerra mondiale, fino alla città belga di Antwerpen, dove si ci incontrerà per raccogliere i frutti di quest'anno di lavoro e dove si getteranno le basi per un nuovo cammino. Incontro che si svolgerà in una città, fra i porti più grandi del mondo, che è stata sempre un crocevia di gente e di cultura.

Non a caso è una delle città in cui sono convivono da sempre un numero altissimo di nazionalità diverse e in cui è presente una fra le più grandi comunità di ebrei ortodossi. Uno scenario che costituisce un esempio di convivenza, con i suoi problemi ma anche con le sue vittorie.