In queste ore convulse, nelle quali basta davvero poco per allarmare l'opinione pubblica internazionale circa l'evolversi dei dolorosi fatti di Crimea, bisogna a nostro parere sforzarsi di mantenere una certa lucidità d'analisi e una conseguente freddezza, al fine di mettere a fuoco da dove nasce un impasse che parte da molto più lontano di quello che potrebbe sembrare a prima vista.



Diciamo subito, a scanso di equivoci, che la penisola di Crimea è parte integrante dell'Ucraina dall'ormai lontano 1954. Fu Nikita Krushchov a "donarla" ma i fatti dicono che la Crimea è rimasta un'area estremamente sensibile da un punto di vista meramente geopolitico, teatro di una serie di rivendicazioni di autonomisti filorussi e resistenze conservatrici dello Status quo con avallo tartaro.

La Crimea dà accesso al Mar Nero, dove stazionano navi della flotta russa che tutelano il Paese da colpi di testa di origine siriana. Ma è soprattutto un motivo per così dire antropologico a dare motivi di agire a Putin, in quanto il 58% dei residenti in terra di Crimea è russo d'origine e va quindi ragionevolmente tenuto indenne dai pericoli oggettivi per la sicurezza derivanti dalla guerra civile scoppiata in Ucraina; una vera e propria rivoluzione di piazza con l'intervento di forze che per Putin avebbero natura filonazista e dunque storicamente avverse al concetto stesso di società e cultura tipicamente russe.

Mosca ha ragione almeno su un punto: il presidente filo-russo Yanukovich è stato eletto democraticamente, in modo cioè apparentemente regolare, mentre a deporlo sono stati dei moti di piazza che lo accusavano di essere nei fatti un dittatore.

I maligni insinuano però che anche il forte debito ucraino verso la Russia (1,55 miliardi di dollari di gas insoluti non sono davvero pochi) abbia contribuito non poco a gettare benzina sul fuoco, come se tra i due Paesi fosse in atto un vero e proprio regolamento di conti in sospeso che non poteva più essere rimandato.



Secondo l'analisi del Wall Street Journal le opzioni di Obama in questa fase sono assai rischiose.

Più di invitare i militari russi a rientrare in Patria e di invitare lo "Zar" Putin a valutare le conseguenze di una guerra rovinosa Obama non può fare. Ogni passo sbagliato può risultare in questa fase rovinoso.

Prima di ogni altra cosa è necessario un coinvolgimento di tutta la Comunità internazionale, per percorrere insieme le strade della vera democrazia e della legalità, nel pieno rispetto di quanto statuito dalle norme di diritto internazionale.

Il vero problema è che il tempo stringe e basta poco per accendere pericolose micce anche da parte di possibili infiltrati che in linea teorica potrebbero raggiungere la Crimea apposta per provocare disordini. In queste ore Mosca parla di identità di vedute Russia-Cina su questa crisi e anche questo particolare non va sottovalutato in prospettiva futura.