Non si chiude con la condanna definitiva giunta dalle aule della Cassazione la vicenda che vedere protagonista l'ex parlamentare Forza Italia, Marcello Dell'Utri. Su di lui pendono ora una condanna a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa, per i rapporti che avrebbe stretto negli anni che vanno dal 1974 al 1992 con la mafia palermitana, ed una richiesta di espatrio emessa della procura di Palermo. Dell'Utri oggi si trova nella clinica Al-Hayat, di Beirut, dove è ricoverato dal 12 aprile scorso, e ai microfoni di un inviato di "La Repubblica" fa sentire la propria voce.

"Sono un prigioniero politico"

L'ex senatore si dichiara "un prigioniero politico". Afferma di non essere mai fuggito dall'Italia "Sono venuto qui senza nascondermi - prosegue dicendo - Sono partito col mio nome e col mio cognome, non ho usato altri mezzi". Dell'Utri definisce la propria condanna una "sentenza politica, una sentenza già scritta- prosegue- [all'interno] di un processo che mi ha perseguitato per oltre vent'anni anni".

La vicenda Magano

Dell'Utri dà le sue ragioni, afferma che il tutto è nato quando ha "fatto assumere Vittorio Mangano - pregiudicato legato a cosa nostra - come stalliere ad Arcore -prosegue definendo Magano - un amico e basta".

La richiesta dei servizi sociali

Dell'Utri richiede, nel caso in cui sia estradato, di "essere affidato - come è stato fatto per Silvio Berlusconi - ai servizi sociali - prosegue - io sono condannato per mafia.

Posso solo assistere, se me lo permetteranno, i carcerati". Nonostante il ministro Orlando abbia ribadito alle autorità libanesi che il mandato di estradizione, formulato in seguito ad una condanna definitiva, debba essere rispettato in tutti i termini

Una dura battaglia per l'estradizione

Dell'Utri promette una dura battaglia legale.

"Io sono sereno, tanto la partita - a conferma delle voci che non vedeva la prospettiva dell'estradizione realizzabile nel breve termine - si gioca tutta qui in Libano. Il mio avvocato Akram Azoury darà filo da torcere".