A proposito dell'attentato al Consolato italiano del Cairo si sta diffondendo in queste ore una particolare lettura dell'evento secondo la quale l'Isis non centrerebbe affatto. Da questo punto di vista lo Stato Islamico si sarebbe limitato a rivendicare l'attentato per motivi strettamente propagandistici. L'attacco è stato messo in atto alle primissime ore del mattino quando lo stabile era ancora vuoto, ma la detonazione di 450 kg di esplosivo, ad un orario "più opportuno", avrebbe avuto esiti ben differenti (come si può intuire guardando anche le diverse foto in rete della zona). Tutto ciò induce a considerare questo episodio una sorta di minaccia sulla capacità di compiere una strage di connazionali, per adesso una minaccia quindi e non una strage.

Il punto, evidenziato già dall'inviato al Cairo per La Stampa Maurizio Molinari, è che e gli attacchi messi in atto dall'Isis sono stati sempre attacchi efferati più che azioni dimostrative, veri e propri drammi sanguinolenti. Gli stessi messaggi video di minaccia sono stati presentati all'Occidente già pieni di sangue.

Chi se non l'Isis e perchè

  • Le milizie libiche potrebbero aver optato per la demolizione della facciata del Consolato italiano come minaccia per Roma, per tenerla alla larga dalla situazione di estremo interesse e tensione che l'eredità lasciata dal colonnello Muammar Gheddafi sta muovendo all'interno di un contesto di guerra tribale.
  • Gruppi estremisti egiziani avversari del presidente Abdel Fattah Al Sisi potrebbero aver attaccato un obiettivo diplomatico nel mezzo della capitale per umiliare il Rais.

Questa seconda ipotesi risulta maggiormente pericolosa anche per l'Italia, soprattutto a causa del consolidamento bilaterale avvenuto negli ultimi mesi (ricordiamo la pertacipazione di Matteo Renzi al summit di Sharm el-Sheikh sugli investimenti italiani in energia e infrastrutture e la visita di Al Sisi a Roma).





A rimettere in gioco l'ipotesi dell'attentato condotto dall'Isis è il generale Carlo Jean, esperto di geopolitica e professore di Studi strategici alla Luiss e alla Link Campus University di Roma. Intervistato per Formiche.net invita subito a non assumere l'evento come perfetto rispecchiamento delle ragioni alla sua base. In altri termini, secondo il Jean, non si è trattato di un segnale rivolto al nostro paese, bensì di una mancata strage e con finalità diverse.

Ad essere messa in dubbio è anche l'idea che alla base di tutto possa esserci la volontà di minare il legame tra Italia ed Egitto "perché tra Italia e Il Cairo i rapporti sono sempre stati ottimi, molto prima dell'ascesa del terrorismo globale.

Quando Vittorio Emanuele II diede le dimissioni andò non a caso in Egitto. E anche oggi, abbiamo 130 aziende che lavorano lì con ingenti investimenti, soprattutto dell'Eni".

La terza ipotesi

Secondo il professor Jean, l'autobomba era parcheggiata in attesa di essere scagliata contro la vicinissima Alta corte egiziana. L'attentato, specifica il professore, potrebbe essere stato condotto da una o più cellule affiliate all'Isis, cellule che però non sono riuscite a fare una splendida figura.