In India almeno trecentomila famiglie sopravvivono grazie alla raccolta manuale di escrementi umani, nonostante una legge approvata dal parlamento indiano nel 2013 la proibisca. Nel sistema religioso e sociale induista composto di caste, le persone destinate a questo poco piacevole lavoro sono chiamate "Dalit", letteralmente "fuori casta" o "oppressi". Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, circa metà della popolazione indiana, per mancanza di infrastrutture adeguate, è costretta a defecare all'aperto. Nelle zone rurali o urbane, in quartieri poveri dove non sono presenti fognature, le famiglie usano latrine a secco, zone in comune che necessitano di pulizia manuale quotidiana.

La piramide sociale altamente penalizzante

Malgrado il governo indiano abbia annunciato più volte l'intenzione di modernizzare il sistema sanitario nazionale, l'attività dei raccoglitori sembra difficile da sradicare, perché crea, attraverso la degradazione dei Dalit, la base materiale della rigida piramide sociale induista. Sono una sottocasta oppressa, isolati dal resto della comunità, considerati come appestati dagli altri ceti sociali, non possono utilizzare strade e fontane pubbliche, nè studiare testi sacri e accedere ai templi. Molti Dalit si sono convertiti ad altre religioni, pensando in questo modo di migliorare la propria vita e trovare un nuovo lavoro, cosa che purtroppo la maggior parte delle volte non è avvenuto.

Quali speranze per il futuro

Il governo indiano ha intrapreso un programma di appoggio economico per aiutare le donne delle famiglie Dalit. In alcune città cuciono borse che poi vengono vendute nel circuito del commercio equo e solidale. Ad altre sono stati assegnati dei risciò elettrici adibiti al trasporto dei passeggeri. Ciò nonostante si tratta ancora di una goccia nel mare, e la discriminazione resiste anche dopo aver cambiato lavoro. Alcuni gruppi di esseri umani hanno un marchio indelebile che disgraziatamente sono costretti a portare per tutta la loro esistenza.