Sono circa 4000 i civili che potranno tornare in ciò che rimane delle loro case a Qadam, nella parte sud di Damasco. Secondo l'ONDUS, l'Osservatorio Nazionale dei Diritti Umani, questi cittadini hanno avuto il permesso dalle autorità di fare ritorno nell'area confinante con il quartiere di Hajar al Aswat e col campo profughi di Yarmuk.

In giro per la città

Ma che tipo di città ritroveranno? Le loro case ci saranno ancora, ma soprattutto come si vive oggi a Damasco? Bashar al Assad si impegna molto per cercare di dare ai propri concittadini una parvenza di vita normale.

Prima della guerra Damasco contava 1.7 milioni di abitanti, con altri 3 milioni sparsi nelle periferie. Assieme ad Aleppo, città nel nord del paese, rappresentava il fulcro economico e culturale della Siria. Nella città del regime sono concentrati il governo e tutti i maggiori ministeri, oltre ovviamente alle truppe migliori dell'esercito. Ogni giorno dall'aeroporto della capitale decollano aerei con la Russia o paesi del Golfo Persico come destinazione.

Damasco è una città piena di paradossi e contrasti: ci si può bere un ottimo aperitivo comodamente seduti a bordo piscina nella terrazza dello Sheraton o di altri alberghi lussuosi e sentire i colpi di mortaio che bombardano a soli 5 chilometri di distanza il quartiere periferico di Jobar.

A poca distanza c'è il campo profughi di Yarmuk, dove le milizie del Daesh sono controllate e combattute dall'esercito regolare e dai palestinesi.

In centro troviamo negozi aperti e affollati e ci si può addirittura perdere lungo le strade del mercato coperto. Si può sorseggiare un tè sotto l'ombra di un albero, ma dopo poche centinaia di metri cambia tutto, con icecchini dell'Isis pronti a spararti addosso.

L'anno scolastico è regolarmente cominciato, con scuole e le università che funzionano regolarmente.

Anche se non sono molti i colpi di mortaio che arrivano nel cuore della città, non ci si può mai sentire al sicuro. A Damasco però sembrano non farci più caso: neanche si girano più a controllare dove sia finita la granata. La guerra ha causato enormi danni economici al paese: l'energia elettrica c'è soltanto per poche ore al giorno, il prezzo d'acquisto della moneta è crollato e i prezzi sono saliti alle stelle.

Tutti sognano di abbandonarla al più presto, tranne quei 4000 sfollati che sono voluti rientrare a casa, anche se probabilmente non troveranno più. Che il gelsomino, simbolo di una Damasco oggi martoriata, ricominci a fiorire e porti pace. In tutte le lingue del mondo.