La città di Castelvetrano risponde al caos mediatico sollevato dal "caso Giambalvo". Lo fa per mano dei suoi rappresentati politici, eletti dalla cittadinanza in seno al consiglio comunale. In ventidue hanno presentato le dimissioni, al posto di chi era chiamato a farlo in prima persona. Lo hanno fatto per "tutelare la città", un caso decisamente unico, un esempio che arriva dal territorio d'origine di Matteo Messina Denaro, l'ultimo superlatitante di Cosa Nostra.
Giambalvo: l’arresto, l’assoluzione e le intercettazioni
Calogero "Lillo" Giambalvo era stato arrestato nell'ambito dell'operazione "Eden 2", coordinata dalla Direzione distrettuale antimafiadi Palermo, che nel novembre del 2014 aveva sgominato una rete di fiancheggiatori di Messina Denaro.
Il procedimento per il quale tredici imputati scelsero il rito abbreviato si concluse a dicembre dell'anno scorso con undici condanne e due assoluzioni, tra queste anche quella di Lillo Giambalvo che è stato successivamente reintegrato in Consiglio. La sentenza ed il successivo ritorno di Giambalvo tra gli scranni di Palazzo Pignatelli non ha però mitigato le polemiche. Sono infatti pesantissime le parole pronunciate dallo stesso nel corso di un'intercettazionefinita agli atti dell'autorità giudiziaria. Lillo Giambalvo infatti si era vantato dei suoi rapporti con la famiglia del boss, dichiarandosi "pronto a farsi arrestare" per proteggerne la latitanza. Inutile dire che il caso è rimbalzato ai "disonori" della cronaca nazionale, ma c'è di più.
In un'altra intercettazione lo stesso consigliere comunale castelvetranese aveva commentato con parole durissime la decisione di collaborare con la giustizia da parte di Lorenzo Cimarosa, cugino di Matteo Messina Denaro. "Se io fossi Matteo, gli ucciderei un figlio - sono state le sue affermazioni - così vediamo se continua a parlare".
In arrivo la commissione antimafia
Giambalvo aveva comunque definito il tutto "un'accusa fondata su intercettazioni e chiacchiere equivocate in sede di trascrizione”. Era tornato in consiglio aderendo ad Articolo 4, una lista creata a suo tempo dall'ex deputato siciliano Lino Leanza, oggi confluita nel PD anche se di fatto a Castelvetrano esiste ancora il gruppo consiliare.
L'assemblea cittadina ne aveva preso le distanze con un documento presentato in aula. La questione era finita anche sul tavolo del prefetto di Trapani, Leopoldo Falco, il quale non ha potuto far altro che accettare a malincuore il reintegro del consigliere dopo l'assoluzione, perché previsto dalla normativa. Ma a Castelvetrano in questo primo scorcio del 2016 non si è parlato d'altro. Associazioni antimafia ma anche altri esponenti politici avevano chiesto le dimissioni di Giambalvo e dell'intero consiglio comunale ed avevano puntato il dito contro il sindaco, Felice Errante. Tra i cori che chiedevano lo scioglimento del massimo consesso civico di Castelvetrano anche quello autorevole dell'onorevole Claudio Fava, vicepresidente della commissione nazionale antimafia.
Ed in proposito, l'organo parlamentare presieduto da Rosy Bindi ha annunciato a breve la sua visita in provincia di Trapani, proprio per affrontare il caso Giambalvo. Sarà ascoltato nella circostanza anche il sindaco Errante.