Negli ultimi tempi si è parlato spesso di responsabilità degli avvocati, suscitando perplessità e malcontenti comuni di varia natura. Ci si è posti la seguente domanda: "Ma il giudice è responsabile"? Un chiarimento sulla responsabilità dei giudici ci viene fornito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 10157 del 18 maggio 2016, la quale fa luce sul comportamento dei medesimi sulla scelta dei consulenti tecnici di ufficio circa l'attribuzione degli incarichi di perizia.
In virtù del codice di procedura civile, gli incarichi affidati ai consulenti tecnici d'ufficio, previamente iscritti ad apposito albo, non devono superare per ognuno di essi il limite complessivo del 10% degli affari affidati dall'Ufficio giudiziario. Il supervisore della correttezza e della trasparenza di siffatta procedura è il Presidente del tribunale. Il giudice che non rispetti l'imperatività di questi criteri di rotazione, vede darsi luogo ad un procedimento disciplinare nei suoi confronti. L'intento è quello di evitare che possibili simpatie tra giudici e consulenti, anche derivanti dalla comprovata bravura dei secondi, possano stabilizzarsi e trovar in modo naturale la loro ragion d'essere in un clima socio economico sempre più labile.
Procedimento disciplinare: quale sanzione?
Nel caso di specie, il giudice, sottoposto al giudizio della Sezione disciplinare ha dovuto fronteggiare l'accusa della violazione degli articoli 1 e 2, lettere a), g) e n) del decreto legislativo n. 109 del 2006. Nel periodo di tempo intercorso tra il 2011 e il 2014 ha proceduto a nominare costantemente tre consulenti tecnici d'ufficio per un totale di 2.239 incarichi, ripartiti nell'ordine preciso di 415, 252 e 177. La sanzione applicata al giudice protagonista della vicenda in esame è consistita nella perdita di anzianità di un anno. A nulla rileva l'ignoranza della conoscenza del limite 10% riferito all'Ufficio piuttosto che al singolo magistrato.
Infatti, la Cassazione precisa che ciò che viene in rilievo è la grave violazione di legge e la relativa violazione di norme regolanti l'intero servizio giudiziario. La questione della responsabilità di carattere disciplinare dei magistrati è in diretto collegamento con il decoro e il prestigio della funzione svolta; a tal proposito, non viene attribuita efficacia rilevante al risultato di quel singolo frammento di lavoro svolto, ma all'ineludibile e inaccettabile difformità del comportamento non meramente deontologico posto in essere dai titolari delle funzioni in oggetto.