C’è un nuovo rapporto di amnesty international sul trattamento che l’australia riserva ai rifugiati “detenuti” nel centro per richiedenti asilo nell’Isola di nauru, nell’Oceano Pacifico. L’inchiesta è stata pubblicata dalla CNN è racconta di un mondo oscuro nel quale migliaia di rifugiati sono costretti a vivere in condizioni disumane. L’inchiesta riguarda principalmente il trattamento riservato ai bambini; Amnesty International ha documentato storie di violenza quotidiana, abusi, ha raccontato di frequenti tentativi di suicidio e di bambini lasciati senza cure mediche.

Difficile – dice nel servizio il giornalista della CNN – trovare nel mondo un paese sviluppato che adotta questa linea di condotta nei confronti di rifugiati che cercano di fuggire da persecuzioni, dalla guerra e che non si sono macchiati di alcun crimine.

Secondo Amnesty International il Governo Australiano avrebbe piena conoscenza di quanto succede nell’Isola di Nauru e adotterebbe questa linea per scoraggiare altri potenziali richiedenti asilo, ma i funzionari del governo australiano hanno negato molte delle accuse sollevate dall’organizzazione internazionale.

Nel rapporto pubblicato dall’organizzazione, emergono i contenuti dei colloqui con i profughi che raccontano paure, rabbia e disperazione.

"La gente qui non ha una vita reale – si legge- ma cerca solo di sopravvivere”. Eloquente la definizione data da una donna: «Siamo anime morte in corpi viventi"

Per il Governo è una politica per frenare le traversate

Secondo sempre quanto emerge dal rapporto di Amnesty International i giovani rifugiati sono vittime preferite da parte della gente del posto, più di 20 detenuti intervistati dai ricercatori, provenienti principalmente da Iran, Afghanistan, Iraq e Siria, hanno detto di essere stati derubati o assaliti dalle persone del luogo.

Non è la prima volta che il centro di detenzione di Nauru finisce al centro delle polemiche per il trattamento riservato ai richiedenti asilo, per il Governo, che ha ottenuto l’approvazione dell’Alta Corte che ha confermato il diritto di avvalersi dei centri di detenzione off-shore, si tratta di una politica volta a frenare le intenzionidei rifugiati di attraversare l’Oceano e diminuire, così, il numero di vittime in mare, tra il 2007 e il 2013 sarebbero morte in mare almeno 1200 persone.