Questa mattina a Melito Porto Salvo (RC) su richiesta del procuratore Federico Cafiero De Raho e dell’aggiunto Gaetano Pacisi è svolta l'operazione dei Carabinieri "Ricatto" cheha portato all'arresto di un gruppo di giovani (sette per l'esattezza) aderente ad una cosca locale, tutti ragazzi dai 20 ai 30 anni, accusati di violenza sessuale di gruppo aggravata, atti sessuali con minorenne, detenzione di materiale pedopornografico, violenza privata, atti persecutori e lesioni personali aggravate ai danni di una ragazza di 13 anni.

Le indagini, avviate da una confidenza giunta agli investigatori su ciò che stava accadendo nella piccola cittadina ionica, hanno alzato finalmente il velo sulle sofferenze e sulle angherie subite da una ragazzina di 13 anni, ripetutamente violentata dal branco mafioso per quasi due anni e con l'omertà assoluta del paese.

Tra gli arrestati figurano:Giovanni Iamonte, 30 anni, figlio del boss Remingo Iamonte (attualmente detenuto), e nipote di Don Natale (morto qualche anno fa dopo una lunga latitanza),Daniele Benedetto (21 anni), Pasquale Principato (22),Michele Nucera (22), Davide Schimizzi (22), Lorenzo Tripodi (21) e Antonio Verduci (21).Mario Domenico Pitasi, di 24 anni, è stato invece accusato di favoreggiamento e ha l'obbligo della firma.

La storia è molto triste ed ha avuto inizio nell'estate del 2013 quandouna ragazzina di soli 13 anni, molto fragile e ingenua, si era invaghita del Giovanni Iomonte e pensava di esserne ricambiata. Qualche settimana più tardi però, il suo sogno d'amore era finito in un incubo senza fine.

Lo Iomonte l'avrebbe costretta ad avere rapporti intimi non solo con lui, ma anche con tutti gli aderenti alla sua cosca.

La giovane era diventata la femminadel “branco”,veniva prelevata da scuola e condotta in luoghi nascosti dove poi subiva le violenze singole e di gruppo.La minorenne era tenuta sotto ricatto: se avesse parlato sarebbero state mostrate sul web alcune sue foto intime.

Ad un certo punto entrò nella vita della ragazzina Mario Domenico Pitasi, che non era del posto, lei credette così di potersi finalmente staccare dal gruppo, ma le cose andarono diversamente, anche Pistasi fu vittima della violenza della mafia che organizzò nei suoi confronti una vera e propria punizione per riapropriarsi della ragazza.

Il Pistasi per paura, si guardò bene dallo sporgere denuncia nei confronti della cosca Iamonte, da qui la sua incriminazione di oggi, per favoreggiamento.

Il potere della famiglia mafiosa ha condizionato non solo l'intera comunità che è rimasta in silenzio, ma anche i genitori della ragazza. Il padre della giovane aveva solo tentato di lamentarsi con il padre dello Iamonte, ma senza procedere con una regolare denuncia contro di lui per quanto la figlia stesse subendo.