Una storia che potrebbe tranquillamente competere anche con le migliori sceneggiature di film di spionaggio, ma che probabilmente è assolutamente vera, vista la caratura della fonte. L’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino era una sorta di “Agente sotto copertura”? La notizia, che ha del clamoroso, è stata resa nota dall’ex generale del raggruppamento operativo speciale (Ros) dell’arma dei carabinieri, Mario Mori, durante le dichiarazioni spontanee rilasciate nel processo per la cosiddetta trattativa Stato-mafia. Trattativa sempre negata dall’ex alto ufficiale dell’arma.
Una storia da film
Vito Ciancimino, secondo quanto riferito da Mori, decise di collaborare dopo le stragi messe in atto dalla mafia nel 1992, spinto dall’orrore per le morti di Salvo Lima, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. In particolare, sempre secondo l’ex generale dei carabinieri, l’ex sindaco di Palermo dimostrò una certa propensione al dialogo dopo la strage di via D’Amelio, in cui persero la vita Paolo Borsellino e i cinque agenti di scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Inizialmente, l’interlocutore era l’ex capitano dei carabinieri Giuseppe De Donno, che in precedenza aveva sondato la disponibilità di Vito Ciancimino ad incontrarsi attraverso il figlio Massimo.
Iniziò così il rapporto tra i vertici del Ros e l’ex sindaco di Palermo, che rappresentava, come ricordato dallo stesso Mori, la funzione di snodo tra mafia e mondo politico-imprenditoriale. Fu lo stesso Vito Ciancimino, secondo la ricostruzione di Mori, a proporre di inserirsi nel sistema illegale degli appalti al fine di un loro controllo proprio in virtù del suo ruolo, anche se questa ipotesi risultò poi inattuabile.
Mori, inoltre, ha ricordato di aver incontrato Ciancimino la prima volta, il 5 agosto 1991,come fonte confidenziale, seppure tutta da valutare. Insomma, se confermate, queste rivelazioni potrebbero fare un po’ luce su un pezzo di storia contemporanea che ha sconvolto l’intero paese.