Era il 14 ottobre del 1962 quando il velivolo statunitense Lockheed U-2, in ricognizione sopra il territorio cubano, scoprì lo spiegamento di missili nucleari sovietici sull'isola caraibica. Dislocare ami di distruzioni di massa praticamente a due passi dal territorio americano venne visto da Washington come una provocazione oltre che una spaventosa minaccia. Seguiranno giorni di incredibile tensione che coinvolgeranno il mondo intero, ritenuto sull'orlo della terza guerra mondiale, fino al 28 ottobre. La crisi di Cuba torna di incredibile attualità oggi, 54 anni dopo.

Gli Stati Uniti ed il Paese che ha ereditato il peso politico dell'URSS sono nuovamente contrapposti ed alcuni stanno evocando lo spettro di una guerra.

L'allarme di Gorbaciov

Stati Uniti e Russia sono davvero sull'orlo di uno scontro? In questo momento probabilmente no, anche se la questione siriana ha acuito la frattura e Washington si sta rendendo conto di essere vicina ad un clamoroso fallimento politico. Sull'altro versante il Cremlino sta dominando la scena in Medio Oriente. Ma recentemente Mikhail Gorbaciov, l'ultimo segretario dell'URSS, ha lanciato un preoccupato allarme. Intervistato da Ria Novosti, il vecchio leader del Partito Comunista Sovietico ha detto, senza mezze misure, che "il mondo è in pericolo" e non ha nascosto il suo timore che l'attuale crisi diplomatica possa essere il preludio di uno scontro militare.

"Necessario fermarsi e riprendere il dialogo. Interromperlo è stato un errore gravissimo", ha detto Gorbaciov.

Le tappe di una crisi

Nel 2010 i presidenti di Stati Uniti e Russia firmarono il trattato "Start". Barack Obama e Dimitri Medvedev avevano messo nero su bianco per porre un reset a tante incomprensioni del passato e ripartire in un nuovo clima di cordiale collaborazione.

Gli Stati Uniti hanno poi proseguito la loro invasiva strategia in politica estera ed il ritorno allo scranno più alto di Mosca di Vladimir Putin ha conciso con l'inasprimento dei rapporti. Prima è arrivato il progetto Nato di schierare batterie antimissili in Polonia, al quale Putin ha risposto con minacciate ritorsioni sui trattati nucleari.

Nel 2014 la crisi in Ucraina e la successiva annessione della Crimea alla Russia ha causato la frattura, con le sanzioni che Stati Uniti ed Unione Europea hanno imposto al Cremlino. Lo sfacelo definitivo quest'anno, con la guerra civile siriana in atto già da cinque anni e la Russia che è entrata direttamente nel conflitto al fianco del fedele alleato di Damasco, Bashar al-Assad. L'intervento militare russo ha cambiato le sorti della Siria, oggi Damasco è vicina alla vittoria ed il mondo ha compreso la vera natura della rivoluzione siriana. Ad Aleppo si combatte una battaglia decisiva, se la città cade Putin ed Assad infliggerano ai ribelli una sconfitta dalla quale sarà impossibile risollevarsi.

Gli errori di Washington

Per l'amministrazione Obama, l'obiettivo dichiarato è "fermare i bombardamenti indiscriminati di Damasco e Mosca su Aleppo" ma il vero scopo è quello di evitare una sconfitta politica. La Casa Bianca non è riuscita ad attuare in Siria ciò che aveva avuto successo in Iraq e Libia. Fermo restando che, dopo l'esperienza nei due Paesi citati, c'è da chiedersi cosa accadrebbe in territorio siriano con la caduta di Assad e l'assenza di un vero governo. Il rais di Damasco non è un santo ma, se guardiamo alla Storia recente, la situazione altrove è drasticamente peggiorata dopo l'abbattimento di governi giudicati "pericolosi per l'Occidente". Il rafforzamento della jihad in Medio Oriente e Nord Africa nasce proprio dal caos post-bellico.

Probabilmente ha ragione Barack Obama quando dice che "la soluzione diplomatica è l'unica via percorribile in Siria". Solo che ha poco senso dirlo oggi, dopo aver attuato una strategia guerrafondaia sommersa che ha causato l'attuale crisi e dinanzi ad una controparte che è ad un passo dalla vittoria militare.