La questione siriana segna il fallimento della politica estera statunitense. Oggi è un dato di fatto e ad ammetterlo è il segretario di Stato, John Kerry. Non lo ha fatto pubblicamente, la dichiarazione è dello scorso 22 settembre quando l'esponente del governo di Washington ha incontrato un gruppo di attivisti siriani, tutti ovviamente oppositori del governo di Bashar al-Assad. Parole che non erano destinate a finire sui media, peccato però che uno dei presenti abbia registrato la conversazione passandola poi al "New York Times" e scatenando un'inevitabile bufera.
Ai presenti, Kerry ha ammesso di sentirsi "frustrato" e "vicino ad una grave sconfitta". Inizialmente il segretario di Stato ha ammesso di aver chiesto al presidente Barack Obama di ‘rafforzare’ i negoziati con la minaccia di un intervento militare diretto degli Stati Uniti contro Assad, soluzione alla quale la Casa Bianca si è opposta.
L'ipotesi di una Siria divisa
Secondo John Kerry, inoltre, le intenzioni di Assad sono chiaramente quelle di dividere il Paese, anche se lo stesso presidente siriano ha sempre dichiarato il contrario. Secondo la visione di Kerry, invece, il rais sarebbe ben disposto a creare uno Stato sotto il suo controllo nella parte di territorio che va dal confine con Israele e Giordania fino alla frontiera con la Turchia, lungo l'asse Damasco-Homs-Aleppo.
Soluzione che andrebbe benissimo alla Russia ma che, per essere realizzata, deve comprendere la riconquista di Aleppo. A questo punto, il segretario di Stato ammette di prendere in considerazione l'idea di perseguire la via diplomatica con l'obiettivo di indire nuove elezioni alle quale parteciperebbe anche Assad ed è qui che esprime la sua "frustrazione": un'eventuale vittoria elettorale dell'attuale governo sarebbe una sconfitta tremenda per Washington.
Inevitabili i malumori degli interlocutori: nella registrazione Kerry chiede agli attivisti anti-Assad se la soluzione che loro prospettano è sempre il rovesciamento dell'attuale governo. "Eravamo sicuri che l'avreste fatto voi - è la risposta desolata di tale signora Shehwaro - ma ora non ne siamo più così convinti".