Sono le 3.36 del 24 agosto quando la terra comincia a tremare minacciosamente nel Centro Italia. Il ricordo, ancora vivo, di quanto accaduto all'Aquila nel lontano 2009, spaventa i cittadini delle zone. Il Terremoto di magnitudo 6.0 distrugge quattro paesi: Accumuli, amatrice, Arquata del Tronto e Pescara del Tronto. La città dell'amatriciana è quella che paga il maggior numero di vittime e i maggiori danni alle strutture. Una foto aerea in particolare, pubblicata dalle televisioni e dai giornali, entra prepotentemente nell'immaginario collettivo: Corso Umberto I non esiste più, lo stesso vale per l'Hotel Roma.

Rimane soltanto quel palazzo rosso, quell'unica macchia di colore tra il grigiore delle macerie, delle abitazioni che si sono sgretolate al suolo. Quel grosso edificio di cinque piani rimane l'ultimo baluardo d'una città "che non c'è più" - come aveva dichiarato il sindaco Pirozzi poco dopo il disastroso terremoto.

Il terremoto di ieri 26 ottobre

Dopo le scosse di ieri, 26 ottobre, tuttavia, anche quel simbolo di speranza è crollato. Il sindaco della città aveva già dichiarato che altri crolli si erano verificati dopo il terremoto che ieri ha colpito le zone di Castelsantangelo sul Nera. Questa mattina, alle prime luci dell'alba, Amatrice si è svegliata ancor più lacerata e distrutta: anche il palazzo rosso, quello chiamato dai residenti come 'palazzo della banca', è crollato.

La costruzione risalente ai primi anni '50, di cinque piani, era stata realizzata con tecniche moderne, ma senza il rispetto delle norme antisismiche. L'ingegnere Luigi Bucci, sindaco negli anni '80 di Amatrice, aveva infatti ricordato: "Per l’altezza e il colore sgargiante strideva con il contesto del centro storico, a maggior ragione vista anche la vicinanza ad una struttura importante come il Palazzo comunale.

I progetti originali dell’edificio, ad ogni modo, non erano specificamente in linea con i modelli antisismici, e sinceramente ha stupito tutti vedere che, unica tra tante costruzioni, abbia resistito al terremoto. L’unica cosa certa è che all’epoca non s’era risparmiato sulla qualità dei materiali".