Al Viminale firma del Patto nazionale per un Islam italiano. Un passaggio importante, secondo il ministro dell'Interno, Marco Minniti, "per il presente e il futuro" della Penisola mediante "il dialogo interreligioso". All'appuntamento hanno partecipato i referenti delle comunità e delle associazioni islamiche presenti nel nostro Paese. Il senso del documento, che richiama la Costituzione, è che si possono professare religioni diverse pur essendo tutti cittadini italiani. Ripudiando ogni forma di terrorismo e violenza, il Patto propone un fermo equilibrio di diritti e doveri per arrivare a una vera e propria integrazione.
Prosegue l'impegno nel contrasto del radicalismo religioso, pure attraverso forme di collaborazione che offrano alle autorità efficaci strumenti d'interpretazione di un fenomeno che minaccia la sicurezza della collettività. Si punta anche a promuovere un processo di organizzazione giuridica delle associazioni islamiche, nel rispetto della normativa vigente in tema di libertà religiosa e dei principi dell'ordinamento giuridico dello Stato.
'Investimento immateriale'
Fra i punti ritenuti più importanti, la libertà di culto come valore inalienabile, espressione di democrazia genuina, di civiltà vera. Minniti ha evidenziato che non possono essere imposte regole a una religione da uno Stato, ma quest'ultimo può costruire un'intesa, senza supremazie.
Libere volontà che s'incontrano. E ciò garantisce che il Patto regga. Dal ministero dell'Interno sottolineano l'importanza di "un investimento immateriale" per l'Italia, nella convinzione che una società più sicura sia, prima di tutto, una società più integrata.
I punti dell'impegno
Complessivamente dieci i punti del Patto in cui emerge l'impegno delle associazioni, da una parte, e dello Stato, dall'altra.
Concordata la promozione di una formazione per gli imam, con l'obiettivo di evitare i rischi d'imam cosiddetti "fai da te", in considerazione del delicato ruolo che rivestono nelle comunità d'appartenenza e delle funzioni a cui possono essere chiamati in ospedali, istituti di pena e centri d'accoglienza. E il compito di accompagnare tale formazione spetterà proprio al ministero dell'Interno.
I nomi degli Imam non potranno che essere pubblici. Altro punto riguarda i sermoni, che dovranno essere tradotti in lingua italiana. Si dovrà garantire, inoltre, l'accesso ai "non musulmani" ai luoghi di preghiera. In tale contesto la trasparenza può servire ad abbattere concretamente il germe del sospetto. E alla trasparenza si fa riferimento anche relativamente ai finanziamenti per la costruzione delle moschee dalle nostre parti.
Kit informativi
Sarà avviato un programma per la distribuzione di kit informativi in diverse lingue sulle regole dell'ordinamento statale e la normativa riguardante la libertà religiosa. Il ministero sarà impegnato anche nell'allestimento di tavoli interreligiosi e nell'organizzazione di un incontro con i giovani musulmani di seconda generazione. Con il Patto, dunque, si avvia un percorso finalizzato alla definizione di un'intesa senza se e senza ma.