Ancora un episodio di bullismo, questa volta a Ragusa in Sicilia. E per l’ennesima volta il deplorevole fatto è stato collegato ai social network, che come accade ormai da molti anni amplificano il fenomeno anzi i fenomeni, di qualsiasi natura essi siano. Il lato positivo, se tale si può definire, è che quando fatti del genere compaiono sui social, il lavoro di chi deve combattere questo fenomeno viene lievemente agevolato.
I fatti di Ragusa
L’episodio di Ragusa è avvenuto alla fermata dell’autobus davanti ad un istituto scolastico, mentre la vittima ballava con un alcuni compagni che avevano una cassa acustica portatile collegata al cellulare.
Poco dopo il ragazzo oggetto di bullismo è stato circondato da altri ragazzi e costretto con la forza a spogliarsi e continuare a ballare mentre gli altri riprendevano e pubblicavano il tutto su Instagram mentre ridevano di lui.
Il giovane, che pare non fosse nuovo a subire angherie, questa volta però ha deciso di avvisare la scuola, che a sua volta ha avvisato i genitori della vittima e le forze dell’ ordine. Pur non ricordando bene nomi e cognomi si è ben presto arrivati ai responsabili che hanno prima negato, poi si sono accusati a vicenda e infine hanno confessato, asserendo di voler solo scherzare con la promessa di chiedere scusa al compagno. Tuttavia due di loro sono stati denunciati per violenza privata.
Un fenomeno amplificato dalla tecnologia
Il bullismo non è un cancro degli ultimi tempi. È sempre esistito, ma spesso rimaneva nascosto. Nessun filmato, nessuna prova e molti ragazzi hanno tenuto dentro a lungo il loro dolore senza parlarne neanche coi genitori per paura, per vergogna, o perché quando ci hanno provato si son sentiti sminuiti.
Con gli strumenti moderni, i telefoni con videocamera e i vari social il bullismo è diventato quasi mainstream e numerosi casi sono divenuti di pubblico dominio.
I casi sono numerosi. Uno degli ultimi ha visto la reazione del padre della vittima, un 13nne di Mugnano di Napoli, che non ha fatto gesti inconsulti ma ha pubblicato sul proprio profilo facebook il volto tumefatto dai bulli del figlio denunciando l’aggressione subita e chiedendo che il tutto finisca.
A ottobre 2016, gli impietosi cellulari dei coetanei filmarono l’aggressione di una bulla a una ragazza di Muravera in provincia di Cagliari.
Ma il simbolo del cyberbullismo è sicuramente Carolina Picchio, la 14 enne di Novara che nel 2012 si buttò dalla finestra della sua stanza uccidendosi dopo essere stata ripresa e pubblicata su youtube mentre veniva molestata da alcuni coetanei dopo aver bevuto troppo a una festa.
Tutti episodi che devono essere combattuti con strumenti forti e dove non basta chiedere scusa come accaduto a Ragusa.