Un dato che preoccupa e che fa riflettere quello pubblicato dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria: nel 2015 in Italia sono stati arrestati quasi 10.203 persone con l'accusa di rapina, ma di queste la metà è già uscita; di queste circa 3.573 sono state scarcerate per proscioglimento o decorrenza dei termini, che tradotto vuol dire che gli indagati erano stati posti in custodia cautelare, ma poiché il processo tardava ad arrivare il magistrato li ha rimessi in libertà. Altri 1.741 detenuti, invece, non sono più in prigione perché o sono stati concessi loro i domiciliari o l'affidamento ai servizi sociali; sommando queste cifre si arriva a circa il 50 percento, ovvero ad un rapporto di uno su due.
La tendenza nel 2016
Nel 2016 invece: su circa 10.139 arresti, solo 6.120 sono ancora in prigione mentre il restante è diviso tra chi è stato scarcerato (circa 2.196) e chi è ai domiciliari (quasi 1.823), ovvero quasi il 40 percento.
Un caso limite, che fa da esempio è quanto successo ad Alessia e Christian che il 13 settembre scorso, a Pescara, hanno rapinato un uomo in un bar, drogandolo e mandandolo all'ospedale, ma che da allora non hanno ancora fatto un giorno di carcere. Perché? Perché hanno potuto beneficiare del decreto Svuotacarceri, che impedisce la custodia cautelare se si prevede che sarà inflitta una pena non superiore ai tre anni alla fine del processo, oltre poi al patteggiamento, alle varie attenuanti generiche e alla fedina penale, all'epoca, ancora pulita.
Da tutto ciò, è ben comprensibile la preoccupazione dei sindaci che chiedono a gran voce un'azione per garantire la “certezza della pena” sui furti. Appelli accorati soprattutto dopo le parole del Procuratore della Corte di Appello di Bologna, Ignazio de Francisci, secondo cui "Agli occhi della criminalità dell'est Europa la commissione di delitti in Italia è operazione più lucrosa e meno rischiosa che in patria.
E alle loro carceri sono preferibili le nostre". Su questo però non è d'accordo il nuovo Procuratore Capo di Bologna, Giuseppe Amato, che afferma come "Nel nostro Paese siamo molto attenti al reinserimento nella società delle persone che hanno commesso errori, per questo non possiamo pensare di risolvere il problema tenendo all'infinito persone in carcere con costi umani ed economici insostenibili per il Paese".