Gli Stati Uniti gli davano la caccia già da molti anni. Si chiama Adam Harun, cittadino nigeriano nato in Arabia Saudita nel 1970 che sarebbe sbarcato a Lampedusa nel 2011, il "pericoloso terrorista" che dopo la sua estradizione in Usa sarebbe adesso sotto processo. Precisamente un "mujaheddin", autore di numerose vittime tra i soldati della Coalizione, in modo particolare americani, che a quanto pare avrebbe combattuto in Afghanistan: dove, dichiara "sarebbe stato perfezionato all'utilizzo di armi da fuoco come lanciarazzi e esplosivi di vario genere".

Dichiara inoltre di aver preso più volte parte a vere e proprie azioni militari, che avrebbe ucciso "numerosi soldati Usa" e partecipato alla preparazione di un attentato a Lagos, in una ambasciata americana. Alle autorità Italiane ha dichiarato di "avere tuttora rapporti diretti con i terroristi di Nigeria e Afghanistan". Durante il suo esodo, braccato già dalla polizia americana, finì in Libia, dove fu arrestato e conseguentemente rilasciato quando scoprirono la sua notevole influenza nella rete terroristica. Lo mandarono così in Italia, dove alla fine venne arrestato.

Ad oggi la sua pericolosità è confermata da ulteriori dichiarazioni che anche allora sconcertarono prima gli investigatori italiani, poi quelli americani.

Interrogato da entrambi, Harun avrebbe esplicitamente dichiarato "di avere ancora intenzione di organizzare attentati nel suolo europeo". L'Fbi non ha esitato a "chiedere l'estradizione", giudicandone ancora una volta la pericolosità, e il Guardasigilli ha firmato. Ora l'ex militare di al Qaeda deve rispondere al giudice americano, e se non rischia la pena di morte l'ergastolo sembra essere il minimo della pena per la quantità di crimini che avrebbe commesso.

Controlli serrati contro le cellule terroristiche via-Mediterraneo

L'arresto di Harun è il risultato dei controlli serrati e del "monitoraggio antiterrorismo" dopo gli attacchi di al Qaeda e dell'Isis all'Occidente da parte della polizia italiana. Si tratta di un attività di intelligence, confidano al Viminale, di dieci anni, precisando che le indagini sono continuative e che sono concentrate prevalentemente nelle zone di sbarco dei migranti, ma anche nelle linee ferroviarie e nelle numerose linee di autobus.

Sembra che solo nel 2016 siano state controllate in Italia 165 mila persone. Da quanto spiega la polizia nell'eventualità di un attentato le informazioni raccolte nell'arco di questi dieci anni si riveleranno "fondamentali". Il fine è tecnicamente quello di ricostruire gli spostamenti e le diramazioni delle numerose cellule terroristiche presenti nei territori dell' Europa, soprattutto oggi che le cellule terroristiche raggiungono, come sembra, proprio l'Italia per via mare, con l'intento di nascondersi tra i migliaia di immigrati.

Un'operazione che rientra nelle attività principali delle autorità nel controllo serrato delle frontiere, tramite accordi che la nostra polizia avrebbe stipulato al fine di garantire un regime di controllo bilaterale con la Tunisia proprio per il contrasto dell'immigrazione clandestina.

Il Mediterraneo "rappresenta una via di fuga molto praticata dai terroristi, e sono molto frequenti allarmi riguardo l'arrivo a Lampedusa di possibili cellule jihadiste", sostiene la polizia. Per questo l'unica soluzione sembra essere la collaborazione tra i paesi europei, attività indispensabile per arginare eventuali infiltrazioni di terroristi nel nostro paese.