"Il nostro obiettivo non è contenere la 'ndrangheta, ma sconfiggerla". Così Marco Minniti, ministro dell'Interno, dopo la Conferenza delle autorità di pubblica sicurezza, tenutasi nei giorni scorsi a Reggio Calabria, alla presenza di Elisabetta Belgiorno, capo Dipartimento per gli Affari interni e territoriali, e Umberto Postiglione, direttore dell'Agenzia nazionale dei beni confiscati. Minniti non ha usato mezzi termini nel suo intervento, aggiungendo: "E' una assoluta priorità nazionale". Il ministro ha annunciato che, insieme a Franco Gabrielli, capo della Polizia, Tullio Del Sette, comandante generale dell'Arma dei carabinieri, Giorgio Toschi, comandante generale della Guardia di finanza, i procuratori e i prefetti della Calabria, si è condiviso in maniera unanime l'orientamento di lavorare ancora per stroncare la criminalità organizzata calabrese.

Nell'operazione, è stato sottolineato, non verrà lasciato nulla d'intentato. Si gioca una sorta di "partita nazionale" nel territorio calabrese, secondo il ministro. Una partita difficile, che va decisamente oltre i confini della Penisola, poiché la 'ndrangheta viene ritenuta una piaga di livello internazionale.

Prevenzione e repressione

Minniti ha puntato l'attenzione anche sulla qualità del lavoro, per molti aspetti straordinario, degli ultimi anni: in Calabria è stata effettuata un'attività di prevenzione, nonché di repressione, che non ha precedenti. I numeri sono eloquenti. Si è deciso di proseguire nella strada intrapresa, con una collaborazione sempre più incisiva tra le istituzioni, confermando l'impegno di operatori, mezzi e risorse.

Nella stessa circostanza sono stati consegnati oltre venti immobili all'Agenzia del Demanio, tre alla Regione e sessantasette unità immobiliari al Comune di Reggio Calabria, per complessivi novantadue beni confiscati, per finalità di carattere sociale e per soddisfare le esigenze abitative delle fasce sociali cosiddette svantaggiate o di alloggio per gli appartenenti alle forze dell'ordine.

Minniti ha evidenziato che "la 'ndrangheta si è impossessata con la violenza di risorse pubbliche", ma ora "lo Stato le riprende".

Ramificazioni in tutto il mondo

La 'ndrangheta, intesa come organizzazione criminale calabrese, suddivisa in cosche, è radicata nella provincia di Reggio Calabria, ma le sue ramificazioni arrivano in tutto il mondo, fino al Kosovo e al Regno unito, dal Brasile al Canada, dal Messico al Venezuela.

La storia della 'ndrangheta inizia tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio dei Novanta del XIX secolo, da alcune cellule degenerate del brigantaggio dell'Aspromonte, in diversi paesi della provincia reggina. All'inizio la 'ndrangheta si caratterizzò principalmente come mafia agropastorale. A partire dagli anni cinquanta le attività cominciarono a diversificarsi gradualmente: traffico di droga, infiltrazione in diversi appalti pubblici, estorsione e usura, traffico di armi e perfino prostituzione, per un giro di decine di miliardi di euro. Forte, nel tempo, si è rivelata anche la collusione con il mondo della politica: la 'ndranghetà non è di destra, nè di centro nè di sinistra.

Le 'ndrine

A differenza delle altre mafie, la struttura interna a ogni cosca della "ndrangheta" si basa su membri di un nucleo familiare, legati da vincoli di sangue, le cosiddette 'ndrine. Per tale legame familiare, i casi di pentitismo sono poco diffusi. La ‘ndrangheta è strutturata sul territorio a diversi livelli: mandamento tirrenico, mandamento ionico e mandamento città.