La loro vita lavorativa era diventato un inferno. Umiliate in qualsiasi maniera, trattate a male parola e in alcuni casi anche molestate sessualmente. Per non parlare di quando il loro titolare – un noto farmacista di Senorbì – le chiedeva del denaro per utilizzare l’unico bagno presente in farmacia. Dopo anni e anni di vessazioni, sia le farmaciste che la magazziniera della farmacia “Setzu” di Sanluri, sono riuscite a far condannare il loro titolare, Giovanni Antonio Sagheddu, 60anni, nato a Senorbì ma da una vita titolare della farmacia in via Carlo Felice, a Sanluri, dove appunto sarebbero accaduti i fatti contestati dalla Procura della Repubblica di Cagliari.

L’uomo – la scorsa mattina – è stato infatti condannato a sette anni di reclusione, per maltrattamenti e violenza sessuale, dalla Prima sezione penale del Tribunale di Cagliari. Il pubblico ministero che si era occupato del caso – Liliana Ledda – durante il processo che per ovvi motivi si è tenuto a porte chiuse, aveva chiesto al giudice che l’uomo fosse condannato a cinque anni. Bene la Corte – dopo aver visto gli atti – ha deciso di dargliene due in più.

Anni e anni di soprusi

I dettagli emersi dal processo in alcuni casi sono terribili. Le vessazioni infatti sarebbero andate avanti per anni e anni. Dal 1995 al 2008 assicurano gli inquirenti, mentre la violenza sessuale si sarebbe concentrata solo nell’ultimo anno.

Nel dibattimento tenuto a porte chiuse sono state ricostruite tutte le vessazioni e i soprusi. Le donne infatti – difese dall’avvocato Ignazio Ballai – oltre ad essersi costituite parte civile (e quindi chiedere i danni), hanno raccontato quello che accadeva all’interno ma anche all’esterno della farmacia. Dagli atti risulta che spesso e volentieri le ragazze venivano chiamate “capre” o “serve” e a loro venivano riservati trattamenti allucinanti come punizioni e – con la minaccia di essere licenziate – sarebbero in alcuni casi anche palpate dal titolare e abusate sessualmente.

Una ragazza ha addirittura raccontato che il farmacista l’avrebbe costretta con la forza (calci e pugni), a pulire la sua abitazione e anche la sua auto privata.

Udienza a porte chiuse

Ed è stato grazie alle indagini certosine - coordinate dal procuratore aggiunto Gilberto Ganassi - che alla fine si è arrivati alla sentenza. Il professionista di Senorbì era stato infatti già rinviato a giudizio dal collegio presieduto dal giudice Claudio Gatti e durante il dibattimento erano appunto emerse tutte le accuse contestate al farmacista.

Per anni e anni infatti le povere dipendenti pur di non perdere il posto di lavoro avrebbero subito le angherie del loro datore di lavoro, fino a quando un giorno non hanno avuto il coraggio di ribellarsi e avrebbero raccontato tutto alle forze dell'ordine che poi hanno fatto partire le indagini.