Arriva dal belgio un nuovo terribile caso di Infanticidio, dopo quello che ha visto protagonista la mamma di Zest che ha bruciato la propria figlia. Un uomo di Liegi avrebbe ucciso qualche giorno fa, nel quartiere di Sainte-Walburge, i suoi figli di 4 e 7 anni. Di fronte a questi casi di cronaca può essere utile, per il lettore, non soffermarsi sui macabri dettagli che riguardano le dinamiche dell'omicidio. In Criminologia ci sono naturalmente delle teorie criminogeniche e psicodinamiche che possono dare una chiave di lettura di questi terribili episodi.

Concentrarsi solo sulla notizia può lasciare chi legge con un senso di sgomento, di incomprensione, di paura. Ecco perché abbiamo chiesto alla dottoressa Gabriella Salvatore, operatrice criminologa e sociologa del centro Salvabebè-Salvamamme di Roma, di commentare questi casi.

Dottoressa Salvatore, qual è l'effetto che queste notizie possono avere sull'opinione pubblica?

Ogni qual volta un caso di cronaca di infanticidio arriva sulle pagine dei quotidiani, l’opinione pubblica è portata a pensare ad un allarme sociale in atto, il prodotto deviato della società moderna o della follia. Perché solo una folle squilibrata può fare questo al proprio figlio. Tutti miti da sfatare. Analizzando la letteratura in merito in tutti questi anni, ci si accorge che è una costante in tutte le epoche; anche l’estrema efferatezza è una costante.

Quindi si può dire che non si tratta solo di un raptus inspiegabile?

E’ un fenomeno multidisciplinare. Nella sua genesi intervengono un numero molto ampio di concause (di natura culturale-sociale, psicodinamico e/o psicopatologico personale) che contribuiscono a delineare la complessità del fenomeno. Se non si cerca di capire che la stragrande maggioranza dei casi di infanticidio può essere il prodotto dell’ignoranza, della violenza, del pregiudizio, della solitudine, delle pressioni socio-culturali, del degrado e della povertà, dell’abbandono sociale, dell’assenza di una solidarietà costante e continua, delle difficoltà psicologiche date dalla depressione pre o post partum, si rischia di scaricare tutta la colpa di questi immensi drammi sulle sciagurate protagoniste, senza renderci conto che possono anche esse, in qualche modo, essere vittime come i loro bambini.

Cosa si può fare attivamente allora? Cosa fate voi al Salvabebè-Salvamamme?

Bisogna non chiudere gli occhi davanti a queste tragedie, ed è un po’ quello che ha fatto in questi venti anni, ormai, l’Associazione Salvabebè-Salvamamme. In questi tantissimi anni di attività costante, il nostro focus tematico ha sempre ruotato intorno all’infanzia, alle tante situazioni di violenza perpetrata tra le mura delle case, ai casi di neonati abbandonati a destini tragici, gettati nei cassonetti e vittime di una morte atroce, fino al sostegno alla maternità.

E’ in quest’ottica di prevenzione che sono stati messe in essere numerose iniziative, tra cui il primo numero verde Salvabebè, attivo dal 2002 presso il Policlinico Umberto I per fornire la possibilità di partorire in anonimato, e le diverse campagne informative contro l’infanticidio, attaccate sui cassonetti della spazzatura. Tanti sono stati i casi di “codice rosso” arrivati nella nostra sede, per i quali sono stati attivati interventi immediati e diretti per sottrarre madri e minori a imminenti gravi rischi.

Nella maggior parte dei casi gli infanticidi possono essere evitati? E se sì, come?

Facendo estrema attenzione ai “campanelli d’allarme” che potrebbero essere salvavita. Le madri non diventano assassine di punto in bianco dei loro figli, ma arrivano a commettere questi crimini lanciando tanti piccoli segnali che troppo spesso cadono nel silenzio.

Chiedere aiuto è il passo fondamentale, non lo dimentichiamo mai.

Se vuoi rimanere sempre aggiornato sugli argomenti che ti stanno a cuore e ricevere tutte le news di criminologia, iscriviti al canale. E se ti è piaciuto l'articolo vota con le stelle e lascia un commento, ci aiuterai a far sentire ancora di più la nostra voce.