Il carcere non è senz'altro un luogo di vacanza e non dovrebbe essere vissuto come un periodo di relax, però a volte le condizioni delle prigioni, specialmente quelle femminili, non sono così male. E così una donna di Lubiana, in Slovenia, ha chiesto al giudice di restare in carcere altri 30 giorni per poter continuare la sua dieta dimagrante.

L'assurda richiesta di una detenuta

Della Slovenia sappiamo molte cose, tra cui il fatto che sta diventando un Paese sempre più sviluppato in Europa ed emergente. Quello che probabilmente è meno noto è la condizione delle sue carceri, specialmente quelle femminili, che sembrano essere molto accomodanti e confortevoli.

Una donna slovena, Branka Virant di 41 anni e residente nella capitale della Slovenia, è detenuta negli ultimi 3 mesi per il sospetto reato di furto nella ex città italiana di fiume. Allo scadere dei termini di carcerazione preventiva però, il giudice ne ha ordinato la scarcerazione, ma la donna non ne vuole sapere di andarsene.

Ha chiesto al magistrato di poter rimanere altri 30 giorni perché vuole raggiungere il peso forma, in quanto da quando è stata carcerata è dimagrita di 5 Kg e vuole perdere ancora peso. Ovviamente il giudice non ha accolto la richiesta, ma la donna continua a sostenere: "Qui sto bene, le carceri di questa città hanno tirato a lucido il mio corpo, se riuscissi a stare altri 30 giorni raggiungerei il mio peso forma".

La carcerazione preventiva slovena prevede un massimo di 3 mesi di detenzione preventiva in attesa di processo, al termine dei quali è obbligatorio per legge uscire dal regime detentivo. La donna dovrà dunque mettersi l'anima in pace e continuare la sua dieta a casa, in attesa del processo. Questo episodio però fa riflettere su quanto possano essere efficaci o meno le carceri slovene nel percorso di riabilitazione.

La risposta del giudice alla richiesta

E' una cosa abbastanza comune un po' in tutto il mondo sviluppato che persone in estrema povertà e magari senza una famiglia preferiscano stare in Prigione, in compagnia e con pasti caldi ogni giorno, piuttosto che vivere per strada o senza un futuro. Ma i giudici, fortunatamente, non avallano queste richieste e seguono la legge, pertanto la donna sarà rimessa in libertà il 19 novembre. Il giudice però ha sottolineato che dovrà affrontare un processo che, se la vedrà colpevole del reato, potrebbe riportarla nelle patrie galere per un tempo massimo di tre anni.