Recentemente in Emilia Romagna, a Lentigione, si è verificata un’alluvione che ha causato lo straripamento del fiume Enza, causando l’inondazione delle aree circostanti e l’allagamento di tutte le abitazioni, stravolgendo la vita normale di più di 2000 persone, che risultano sfollate. Sono state più di 300 le persone ad essere salvate e sono state messe al sicuro in una struttura d’emergenza a Poviglio. I carabinieri hanno prestato il loro servizio per evitare che i beni scampati ai danni dell’alluvione venissero presi dai sciacalli e sono già stati stanziati circa 2 milioni di euro, e sono stati già avviati i lavori per pulire le abitazioni, garantendo così un ritorno tempestivo nelle loro abitazioni.
La perdita di identità
In questo caso, come in altri casi di catastrofi naturali vi è un fattore comune: le persone vengono sradicate dalla loro vita normale, dalle loro abitudini, le loro case vengono distrutte, si sviluppa negli individui la consapevolezza di essere solo dei piccoli individui e di essere totalmente impotenti. Si trovano di fronte alla necessità di ristabilire la propria identità, il proprio lavoro, le proprie abitudini in funzione di una condizione inaspettata e stravolgente. In questi casi è utile la figura dello psicologo in quanto aiuta a superare meglio questa totale perdita di identità, questa situazione di crisi e di sofferenza. Infatti, queste situazioni mettono a dura prova l’identità individuale, si ritrovano a fare i conti con ciò che si è fatto nell’arco della propria vita, cosa non si è fatto e cosa mai si potrà fare dopo tale evento.
Si tirano le somme della propria esistenza, e spesso, sono resoconti negativi, che aggiungono ulteriore sofferenza alla consapevolezza di aver perso tutto.
Conseguenze psicologiche: disturbo post traumatico da stress
Quando una persona vive una situazione di elevata sofferenza, il suo cervello risponde a tale evento in un modo che garantisca la sopravvivenza della persona: nei casi di sofferenza normale, il cervello manda degli input che riguardano le strategie mediante cui superare tale situazione, ma quando la sofferenza è troppo alta e il cervello non riesce a far fronte al dolore provato, si innesca un circolo vizioso che porta la vittima a continuare a vivere l’esperienza dolorosa tramite flashback ricorrenti, incubi realistici e uno stato di apatia continua, che porta la persona a separarsi e ad estraniarsi dal mondo reale.
Questi sintomi vengono inseriti all’interno di un’unica diagnosi: disturbo post traumatico da stress.
Questo disturbo compare circa due settimane dopo l’evento tragico, e non necessariamente si sviluppa solo in persone che l’hanno vissuto in prima persona, ma anche in persone che hanno assistito all’evento (in caso di incidenti brutali) o talvolta in persone che prestano soccorso (medici o forze dell’ordine).
Alla sofferenza vissuta in prima persona si associa spesso quello che viene chiamato “il senso di colpa del sopravvissuto”. Questo senso di colpa è stato notato e studiato per la prima volta nelle vittime dell’olocausto, per cui si trovavano in una condizione di sofferenza perché si chiedevano come mai loro fossero sopravvissuti a tale tragedia, mentre il loro migliore amico, la loro famiglia o conoscenti no. Si sentivano in colpa di essere vivi, avrebbero preferito morire per essere vicini ai loro cari. Lo stesso avviene in situazioni descritte sopra, il senso di colpa riguarda il modo in cui si sono comportati o per ciò che avrebbero potuto fare, spesso distorcendo la realtà e incolpandosi di cose che non avrebbero potuto controllare.
Tutto ciò si accompagna spesso ad un vissuto d’ansia generalizzata o di depressione, che porta la persona a vivere in uno stato di profonda sofferenza: infatti, a causa del continuo rivivere la situazione tragica, l’individuo entra in una condizione di assuefazione dal dolore, per cui evita il contatto con le persone, che risulta essere un aspetto importante per affrontare tale condizione psicologica, diventa apatica quindi non riesce a vivere più emozioni e non riesce più a comprenderle e non chiede aiuto, perché minimizza tale problema, peggiorando la situazione di salute psicologica e psicofisica.
Davanti a tale problematica, l’unico modo per guarire è quello di rivolgersi a specialisti della salute, siano essi psicoterapeuti, psichiatri o medici, per seguire un trattamento innanzitutto farmacologico, a cui spesso viene associato un percorso psicoterapeutico.