Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump si è detto possibilista sul rientro degli USA nell'accordo di Parigi sul clima, ma solo se verranno introdotte sostanziali modifiche. L' affermazione è stata fatta durante una intervista rilasciata a Piers Morgan, inviato al World Economic Forum di Davos dell'emittente britannica ITV.
Lo scorso giugno Trump aveva annunciato la sua decisione di uscire dall'intesa sul clima, perché ritenuta un pessimo accordo per gli Usa, apostrofandolo come terribile, non equo e un completo disastro per gli Stati Uniti.
Ora Trump, che continua ad essere scettico nei confronti dell'accordo firmato da Barack Obama, si è mostrato disponibile ad accettarne una possibile versione modificata.
L'accordo di Parigi
L'intesa era stata siglata a Dicembre del 2015 da 195 nazioni, compresa la Corea del Nord, come atto conclusivo della conferenza mondiale sul clima di Parigi COP21. L'accordo rappresenta il più importante trattato degli ultimi anni per combattere il Global Warming, il riscaldamento globale, attraverso la progressiva riduzione delle emissioni di anidride carbonica, uno dei più nocivi gas serra.
All'accordo, in vigore dal 4 Novembre 2016, non hanno aderito solo la Siria e il Nicaragua, ma dopo l'annuncio di Trump dello scorso giugno, ora sono tre i Paesi al mondo rimasti fuori della storica intesa.
Obiettivo principale dell'accordo è quello di contrastare il Global Warming, il surriscaldamento della terra a causa dei gas serra, attraverso l'impegno di contenere l'innalzamento della temperatura sotto i 2 gradi.
Per questo motivo entro il 2030, la produzione di anidride carbonica dovrà ridursi dai 69 miliardi di tonnellate previste alle 56 fissate nell'accordo.
Altro impegno inderogabile è quello di non incrementare ulteriormente le emissioni di gas dannosi per l'atmosfera così che si possa raggiungere rapidamente il punto in cui verranno assorbite direttamente dall'ambiente.
L'accordo prevede inoltre che vengano erogati annualmente 100 miliardi di dollari ai paesi in via di sviluppo, da destinare alla ricerca e all'impiego di fonti di energia meno inquinanti.
Si è fortemente puntato sui vantaggi economici che possono arrivare dall'utilizzo di energie rinnovabili e dallo sviluppo della produzione di energia nucleare secondo i più innovativi sistemi.
Per monitorare i progressi compiuti è stato istituito un controllo ogni cinque anni del rispetto degli impegni sottoscritti. Con la firma dello storica intesa, per la prima volta, tutti o quasi tutti i Paesi del mondo sono scesi in campo concretamente per la riduzione globale delle emissioni. Mancano all'appello gli attori principali, gli Stati Uniti d' America.
Il no di Trump
Gli Stati Uniti sono i maggiori produttori al mondo di emissioni, più ancora della Cina che occupa il secondo posto in questa triste classifica.
Ecco il motivo principale del no di Trump. Con la presidenza Obama gli USA avevano siglato l'impegno di abbattere le emissioni, rispetto ai valori registrati nel 2005, del 28% entro il 2025.
Si erano anche impegnati a investire 3 miliardi di dollari per finanziare e sostenere i paesi in via di sviluppo nell'adozione di politiche energetiche sostenibili. Impegni importanti, a cui Trump, nella sua logica di "America first" ha detto no. Gli obiettivi di riduzione delle emissioni fissati nell'accordo di Parigi e firmati da Barack Obama non sono realistici per gli USA e anzi sono sbilanciati verso Paesi come la Cina.
Queste le motivazioni che aveva dato Trump al ritiro dall'accordo, considerato oltretutto non in linea con il diktat dell'America prima di tutto.
Danneggia l'economia ed ostacola la creazione di nuovi posti di lavoro, imponendo costi gravosi sugli americani mentre strappa impegni poco significativi per altre nazioni, in primis per la Cina. Così commentava a giugno il Presidente americano.
Uno spiraglio di apertura
Trump aveva assicurato, al momento dell'uscita dall'accordo, che sotto la sua guida gli Usa sarebbero diventati il Paese più green e ecologista della terra. Gli Usa leader nell'adozione di politiche a sostegno dell'ambiente, questo il proclama di Trump, ma con impegni ugualmente ripartiti tra tutti i paesi del mondo. Ora l'annuncio di una apertura verso il rientro nell'accordo, o meglio alla possibilità di siglarne uno che sia conveniente per gli USA. Ambientalista, sì, ma senza danneggiare le aziende e la crescita economica. Parola di Donald Trump.