"Mio figlio aveva 18 anni, non meritava questa fine. E' morto soltanto perché uno spacciatore si era messo in testa che la mia famiglia spiasse i suoi loschi affari". Distrutta dal dolore ma incredibilmente lucida, la mamma di Giuseppe Parretta, Katia Villirillo, spiega in poche parole perché suo figlio non c'è più. ll pluripregiudicato di 57 anni Salvatore Gerace, che a crotone gli abitava di fronte in un vicolo del centro, si era messo in testa d'essere spiato. Aveva più volte minacciato la famiglia. E sabato si è presentato nella loro abitazione e ha sparato uccidendo Giuseppe.

Una vicenda assurda con un movente folle in un contesto dove emerge il degrado sociale e l'assenza delle istituzioni. Giorni fa, Gerace aveva annunciato a Katia d'essere armato. E lei che presiede l'associazione 'Libere donne', la cui sede è nello stesso stabile, aveva chiesto protezione. Al comune di Crotone, che ora si costituisce parte civile e pagherà i funerali di suo figlio, aveva chiesto che fossero installate telecamere. "Nessuna vendetta, ma giustizia", grida ora.

Ha ucciso perché si sentiva spiato

Gerace aveva finito di scontare 3 anni di carcere giusto un paio di mesi fa e aveva ripreso a spacciare indisturbato. Un criminale doppiamente pericoloso perché affetto da mania di persecuzione.

Temeva d'essere controllato, ucciso, o di finire in carcere. Bersaglio delle sue ossessioni quella famiglia, la cui mamma difendeva le donne per sottrarle all'illegalità e alla violenza. E quando ha visto Giuseppe arrivare con una moto nuova, comprata lavorando da cameriere, la follia è arrivata al culmine. Doveva trattarsi di un regalo degli sbirri per le soffiate del ragazzo sulle sue attività illecite.

E così ha agito. Tutto si è svolto in pochi attimi, come chiarito ieri da Nicola Lelario, dirigente della squadra mobile della questura di Crotone, nel corso di una conferenza stampa. Sabato intorno alle 16 e 30, Gerace si è presentato in casa della famiglia Parretta. C'erano Katia, Giuseppe e la fidanzata, altri due fratelli più piccoli.

Senza proferire parola, ha sparato. Giuseppe si è trovato a fronteggiare l'improvviso pericolo, ha fatto da scudo alla madre. Gerace a distanza ravvicinata ha esploso due colpi, uno ha raggiunto il ragazzo alla spalla, quello mortale al petto. Poi si è barricato in casa, ma dopo l'insistenza dei poliziotti ha aperto la porta. Li ha accompagnati in camera da letto dove su un comò c'era l'arma utilizzata per il delitto. Ha consegnato anche delle cartucce, si è lasciato catturare ed è stato perquisito. "Quel che è accaduto non c'entra con il mio lavoro, quell'uomo è una persona malata e ha deciso di punirci. MI ha detto: era te che dovevo colpire", ha raccontato Katia. Che si sentisse spiato, l'omicida l'ha raccontato al sostituto procuratore Alfredo Manca durante l'interrogatorio di ieri in cui è stato formalizzato l'arresto.

In questura e poi in carcere, è stato portato su una sedia a rotelle perché diceva di non poter camminare. Gerace ha numerosi precedenti per rapina, spaccio di stupefacenti, porto illegale di armi. Ha ucciso con una pistola che aveva matricola abrasa ed era quindi detenuta illegalmente. "Sapevano che era una persona pericolosa. Perché non l'hanno fermato?", protesta Katia

Il coraggio di una donna

Con il suo centro antiviolenza, dal 2009 Katia denunciava spaccio, prostituzione, malaffare e degrado nel centro di Crotone. La sua associazione non era vista di buon occhio, era scomoda e le sue richieste d'aiuto sono tutte rimaste inascoltate. Lei aiutava le donne a togliersi dalla strada, a ritrovare la dignità e spezzare le catene che le legavano a uomini violenti. Ora andrà avanti: "Mio figlio avrebbe voluto così".