Da alcuni giorni il Movimento 5stelle è nell'occhio di un vero ciclone scatenato da uno spettacolo televisivo, precisamente "Le Iene": la crisi va a toccare direttamente il motto - cavallo di battaglia del Movimento, cioè "Noi siamo quelli che restituiamo parte dello stipendio". Le Iene volevano trasmettere in Tv il servizio sulla loro inchiesta: per la "Par Condicio", il servizio è stato bloccato, ma è stato messo online e la sua visione sta diventando una vera pietra dello scandalo che rischia di mandare in tilt la campagna elettorale di Di Maio, giocata proprio sull'onestà e la diversità del Movimento rispetto ai partiti tradizionali.

Le restituzioni "farlocche"

I primi ad essere entrati nel mirino dell'inchiesta delle Iene sono stati due parlamentari uscenti, cioè Andrea Cecconi e Carlo Martelli: in sostanza, i due fingevano solamente di fare il bonifico di restituzione di una parte dello stipendio parlamentare, quello che avrebbe dovuto entrare nel fondo per le microimprese, ma nella realtà sarebbero addirittura 10, se non di più, i parlamentari coinvolti.

L'inviato delle Iene, Filippo Roma, senza peli sulla lingua, come al solito, accusa Cecconi e Martelli di aver violato la regola della restituzione di una parte dello stipendio, regola interna del Movimento che confluisce in un fondo per credito alle microimprese. La ricostruzione delle Iene ha stabilito che Cecconi ha trattenuto 21.000 Euro, mentre Martelli ben 76.000.

Il trucco usato era estremamente semplice: effettuavano il bonifico e caricavano la copia sul sito tirendiconto.it, ma immediatamente dopo (come consentito da tutte le banche) bloccavano il bonifico e lo revocavano, mentre online esso rimaneva registrato.

Cecconi e Martelli rispondono

Ancora una volta, il gioco si fa sui Social e la risposta dei due coinvolti dal servizio delle Iene, cioè Cecconi e Martelli, avviene con due tweet (uno a testa) molto simili e forse concordati: senza specificare oltre, parlano di "gravi problemi personali", annunciando che, in caso di elezione, darebbero immediatamente le dimissioni a favore di un altro candidato del Movimento.

Per correttezza, bisogna dire che nell'attuale situazione della campagna elettorale, con l'avvenuta presentazione delle liste, non è più possibile ritirare la candidatura. Tra l'altro, i due sono in una posizione tale per cui saranno senz'altro eletti e il documento firmato in cui si impegnano per le dimissioni è inutile in quanto le dimissioni dovranno essere ratificate con voto del Parlamento.

Di Maio

Di Maio non si è scomposto più di tanto e, col suo solito ed energico piglio, ha affermato la sua linea dura asserendo: "Le mele marce le trovo e le metto fuori", ribadendo che segue con estrema attenzione l'inchiesta anche interna in corso, su big e non big del Movimento.

Ma quanto manca?

Per ora i numeri sono ancora incerti e le indagini dovranno essere spinte in profondità, ma dal fondo del ministero dell'Economia potrebbe mancare (forse) un milione di Euro. Quindi, le cifre riportate nel servizio delle Iene sarebbero solo la punta di un iceberg o meglio il bordo di un pozzo con mancanze stellari: l'agenzia Adnkronos parla di una differenza (tra rimborsi da fare e rimborsi effettivamente fatti) di 226.000 Euro.

Ma a questa cifra andrebbero aggiunti anche 300.000 Euro circa dei consiglieri regionali ed, infine, all'ingrosso 600.000 Euro degli eurodeputati. Il totale quindi si aggirerebbe sul milione di Euro.

Le indagini continuano con verifiche a tappeto, indispensabili anche per il momento a cui è ormai giunta la campagna elettorale, mancando infatti circa 20 giorni al voto. Di Maio non ha remore e annuncia espulsioni a raffica, naturalmente prove alla mano, e precisa che i risultati e i relativi documenti saranno davanti a tutti online.