Un bimbo innocente dorme in una valigia mentre il padre cerca di portarlo lontano dall'orrore della guerra. Ecco l'immagine cruda del dramma che stanno vivendo centinaia di migliaia di profughi in fuga dalla Ghouta orientale, un sobborgo di Damasco. Martoriata da più di quattro anni di bombardamenti ad opera delle forze legate al regime di Bashar Assad la regione sta vivendo ore drammatiche.

La resa dei conti è vicina e il regime appoggiato dalle milizie russe, iraniane e sciite dell'Hezbollah libanese vuole spazzare via definitivamente i gruppi della resistenza islamica che si nascondono tra le case, negli anfratti e nei tunnel costruiti durante anni di guerra civile in Siria.

Sotto i bombardamenti incessanti delle ultime settimane, che hanno colpito in modo indiscriminato anche zone con presenza di civili, sono morte più di 1.500 persone. L'Osservatorio nazionale per i diritti umani denuncia che più di 100 civili sarebbero stati uccisi in un solo giorno.

Le truppe di Bashar Assad, in accordo con i miliziani russi, stanno in qualche modo concedendo ai civili di allontanarsi attraverso alcuni 'corridoi umanitari', purtroppo non del tutto sicuri. Si stima che nelle ultime ore circa 20.000 civili siano riusciti a raggiungere le linee siriane. Tra questi c'è il bambino della valigia.

È probabile che nell'ultimo periodo insieme alla famiglia sia stato costretto a spostarsi continuamente trovando rifugio in case, cantine o posti di fortuna a seconda delle zone che venivano via via distrutte dai bombardamenti.

La valigia è tutto quello che rimane per assicuragli un posto per riposare. Non c'è acqua, aumentano in modo allarmante i casi di morti per fame, scarseggiano i medicinali che non riescono ad arrivare in questi luoghi devastati dalla guerra.

La flotta aerea russa e quella siriana bombardano cliniche improvvisate e quello che resta degli ospedali.

Quasi sei milioni di profughi sono scappati da questo inferno per rifugiarsi all'estero e più di sei milioni risultano gli sfollati interni.

L'intervento dell'Unicef

L'Unicef ha predisposto un piano di aiuti per soccorrere le 50mila persone che stanno fuggendo dall'enclave della Ghouta orientale. Questo quanto dichiarato da Marixie Mercado, portavoce del Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia, in merito alla crisi siriana.

L'Unicef sta prestando il proprio soccorso in tre rifugi e domani arriverà anche nel quarto. Acqua, viveri, pannolini e kit per lavarsi sono i beni di prima necessità che vengono forniti ai profughi. In una nota si legge che soprattutto i bambini sono malnutriti e con evidenti segni di carenza di vitamina D. Molti tra i più giovani non riescono a camminare bene, hanno lesioni sulla pelle e ai bordi delle labbra e mostrano segni di affaticamento.

Scabbia e pidocchi sono diffusi tra i bambini, mentre le donne riportano segni di malnutrizione e anemia. Grazie alla collaborazione tra l'Unicef e Mezzaluna Rossa Araba siriana è stato possibile portare l'acqua verso i luoghi più affollati, quelli vicini ad Afrin, una cittadina curdo-siriana situata a nord-ovest della Siria, dove il conflitto è tra le milizie curde, i miliziani filo-Assad e l'esercito turco.

Nel piano era stato previsto il trasporto di 500.000 litri di acqua ogni giorno per dissetare le oltre 35.000 persone presenti nella zona di Afrin, ma a causa di un intensificarsi dei bombardamenti negli ultimi giorni dal 15 marzo non è stato più possibile fornire acqua. Il Fondo per l'infanzia ha dichiarato di avere fornito con l'ultimo convoglio oltre ai kit medici per circa 40.000 persone, anche vaccini e provviste per due mesi.

Nuovi tentativi di colloqui ad Astana

Ad Astana, in Kazakistan va in scena l'ennesimo tentativo di dialogo tra le diplomazie di Russia e Iran, alleati di Damasco e Turchia, sostenitrice dei ribelli. All'ordine del giorno la definizione di zone sicure nel conflitto siriano, le cosiddette "zone di de-escalation", e la drammatica situazione umanitaria dei profughi. La battaglia per la conquista della Ghouta intanto prosegue e siamo già entrati nell'ottavo anno di guerra in Siria.