Siria senza pace e non tanto per le gravi notizie che provengono dal nord del Paese, dove l'ultimo raid turco volto a 'mettere in sicurezza' i proprio confini dalla dalla presunta minaccia curda avrebbe causato oltre 100 vittime tra i civili. Le notize in questo caso giungono da Washington dove l'amministrazione guidata da Donald Trump avrebbe messo nuovamente nel mirino il presidente siriano Bashar al-Assad. Secondo le fonti della Casa Bianca, infatti, il leader di Damasco starebbe sviluppando nuove, letali e sofisticate armi chimiche. Motivo per cui gli Stati Uniti si riservano di assumere eventuali azioni militari contro il governo siriano.

Accuse ormai datate

La strategia americana è comprensibile, ma fin troppo poco credibile. Assad e le armi chimiche è una storia ormai vecchia e datata, alla quale buona parte dell'opinione pubblica crede sempre meno, alla stregua delle armi atomiche di Saddam. Meno di un anno fa, era l'aprile del 2017, un presunto attacco chimico che sarebbe stato ordinato dal governo di Damasco uccise in maniera atroce quasi un centinaio di civili a Khan Sheikun, nella provincia di Idlib. Per tutti Bashar al-Assad era il colpevole da punire e la punizione statunitense non si fece attendere. Meno di 24 ore dopo un raid statunitense colpì una base siriana e la tensione crebbe a dismisura considerando la posizione della Russia che rappresenta il più forte e solido partner internazionale della Siria.

In realtà quello di Khan Sheikhun fu un valido quanto inutile pretesto di cercare di rovesciare le sorti del tracollo politico americano nel martoriato Paese mediorientale. Oggi la guerra è praticamente finita, Assad è ancora al suo posto ed in caso di libere elezioni è probabile che ci resti, visto il favore nei suoi confronti di buona parte dei siriani.

Perché in fin dei conti per molti è l'eroe che, grazie al fattivo supporto di Russia ed Iran, ha spezzato la sedicente rivoluzione innescata non dal popolo siriano, ma da Paesi stranieri e condotta sul campo di battaglia da mercenari addestrati e milizie jihadiste ex qaediste. Inoltre è lo stesso leader che ha sconfitto l'Isis.

Nessuna prova concreta è stata mai presentata in merito alle responsabilità del governo siriano nei fatti di Khan Sheikhun e non è la prima volta. Nella circostanza la versione russa di un deposito di armi chimiche dei ribelli, esploso accidentalmente nel corso di un bombardamento, fu passata da pochissimi media occidentali. Quanto accaduto ricorda il massacro di Houla del 2012, quando tutto il mondo puntò il dito su Assad prima che inchieste di cronisti indipendenti dimostrassero l'estraneità dell'esercito siriano all'eccidio i cui responsabili furono propabilmente milizie estremiste ribelli. Il tutto montato ad hoc dal famigerato 'Osservatorio siriano dei diritti umani', celeberrima impostura con sede all'estero, retta da un dissidente anti-Assad e finanziata dagli stessi Paesi che hanno scatenato la presunta rivoluzione.

Il vero obiettivo non è Assad

Chiaro come il sole che Washington stia tentando l'ennesimo colpo di coda per rientrare al tavolo nei negoziati. Di fatto i grandi arbitri della questione siriana, con la guerra ormai praticamente finita, sono Russia, Turchia ed Iran. Piuttosto che Bashar al-Assad che in tempi di campagna elettorale era stato addirittura considerato 'utile' da Trump nella guerra all'Isis, gli obiettivi non dichiarato degli Stati Uniti ci sembrano Iran e Russia, nel disperato tentativo di determinare un brusco cambio degli equilibri geopolitici nell'area, deciso dalla guerra. Alla fine la coalizione a guida USA ha liberato soltanto una parte del Paese dallo Stato Islamico in azioni di guerra condotte da un esercito a maggioranza curda, gli stessi curdi che oggi vengono 'martellati' dalla Turchia.

Il resto è sotto il controllo del governo siriano con il bene placet di Russia ed Iran, mentre a nord ci sono intere aree sotto l'influenza (e l'esercito) di Ankara. Le nuove accuse mosse dall'amministrazione Trump contro Assad sembrano proprio il patetico tentativo di mostrare i muscoli nei confronti di Mosca e Teheran, ma in Siria agli americani non sono rimasti nemmeno quelli. Donald Trump continua a giocare con diversi mazzi di carte, da quello nordcoreano a quello palestinese, passando per Tehran e Mosca, senza riuscire a pescare il jolly.