Una trattativa Stato-Br avvenuta 14 anni prima della trattativa Stato-mafia? Via Caetani, Roma, 16 marzo 1978: il corpo dello statista democristiano, Aldo Moro, viene fatto ritrovare dalle Brigate Rosse all’interno di una Renault 4 rosso scuro. Tutto avviene proprio a due passi da via delle Botteghe Oscure e da piazza del Gesù, rispettivamente sedi del Pci allora guidato da Enrico Berlinguer, e della Dc il cui segretario era il ‘delfino’ di Moro, Benigno Zaccagnini. L’ennesima sfida delle Br allo Stato, quella di far ritrovare il cadavere crivellato di colpi del segretario della Balena Bianca al centro di una Capitale militarizzata da 55 giorni.

Il libro che svela la trattativa Stato-Br

Oggi, a pochi giorni dal 40° anniversario dell’eccidio di Aldo Moro, un nuovo libro prova a contribuire a fare un passo avanti verso una verità che sembra irraggiungibile. Si tratta di ‘Salvate Aldo Moro’ (edizioni Melampo), scritto da Francesco Grignetti, di cui il quotidiano La Stampa pubblica alcune clamorose anticipazioni. Su tutte, il sospetto che, durante i 55 giorni del sequestro, sia stata intavolata una trattativa Stato-Br, 14 anni prima di un’altra scottante trattativa, quella Stato-mafia. A favorire i contatti tra il partito armato comunista e lo Stato ‘borghese e imperialista’ sarebbero stati i palestinesi di Yasser Arafat.

Il ruolo dei palestinesi e dei servizi segreti italiani a Beirut

Secondo le fonti raccolte da Grignetti, i vertici del Sismi, i servizi segreti militari italiani di stanza a Beirut, in Libano, non rimasero troppo sorpresi dalla strage di via Fani e dal rapimento di Aldo Moro del 16 marzo 1978, visto che un mese prima fonti palestinesi li avevano avvertiti che in Italia era in preparazione un attacco, anche se non avevano specificato di quale natura.

Il colonnello Stefano Giovannone, capocentro dei servizi nella capitale libanese, aveva naturalmente avvertito i suoi superiori a Roma, ma nessuna misura di sicurezza particolare era stata adottata. Giovannone e il suo vice, il maresciallo Giuseppe Agricola, secondo il racconto di Grignetti, erano convinti che la loro ‘gola profonda’ appartenesse al Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp) e che lo scopo del gruppo di ispirazione marxista, legato ai servizi russi del Kgb, e in lotta contro lo Stato di Israele, fosse quello di mettere in contatto le Br con le isituzioni italiane per intavolare una trattativa Stato-Br.

Cosa sapeva Moro?

A questo proposito, l’autore del libro ipotizza che Aldo Moro, oltre che fautore del tacito accordo di ‘non aggressione all’Italia’ da parte dei terroristi palestinesi, fosse al corrente delle ‘soffiate’ fatte dagli stessi. E, per questo, avesse lui stesso, mediante le lettere scritte in seguito dalla prigione del popolo brigatista, proposto uno scambio di prigionieri per avere salva la vita. Appello caduto nel vuoto della linea della fermezza decisa da Dc e Pci.

Arafat e le ammissioni della commissione di inchiesta

La trattativa vera e propria tra lo Stato italiano e le Br si sarebbe aperta il 24 aprile, con il comunicato brigatista numero 8, dove veniva provocatoriamente inserita la richiesta di liberare 13 prigionieri comunisti in cambio di Aldo Moro.

Richiesta irricevibile ma significativa perché, proprio in quel giorno, l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) di Arafat comunicava ai nostri servizi di intelligence di avere “notizie interessanti”. La trattativa Stato-Br, prosegue Grignetti, sarebbe stata ammessa persino dai membri della commissione di inchiesta sull’omicidio di Moro presieduta dall’onorevole Fioroni. Questa la citazione esatta riportata nel libro: “Quella che si tentò di realizzare dalla fine di aprile, con piena consapevolezza istituzionale, è una vera e propria trattativa, che aveva come intermediari i palestinesi”.