Prendono il nome di “theybies” e sono letteralmente bambini all’oscuro del proprio sesso biologico per volontà degli stessi genitori. L’obiettivo? Permettere loro di vivere un’infanzia libera da preconcetti di genere e stereotipi sessuali. Vista inizialmente come una scelta discutibile se non addirittura abominevole, grazie anche alla rete dei social network questa pratica educativa sta lentamente prendendo piede negli USA, convincendo sempre più aspiranti genitori che esiste un modo per oscurare (almeno temporaneamente) la doppia X o la Y che etichettano il nostro corredo genetico.
IL CASO DI ZOOMER: “GENDER-CREATIVE” FIN DALLA NASCITA
Sin dal dalla scoperta della sua gravidanza Kyl Myers e il partner Brent Courtney avevano deciso che non avrebbero mai imposto il “costrutto del genere sessuale” al proprio figlio. Oggi, due anni più tardi dalla sua nascita, il piccolo (o la piccola) Zoomer non è consapevole del proprio sesso biologico, così come non lo è nessun altro membro della famiglia – nemmeno i nonni - fatta eccezione per i genitori stessi. Per frantumare in modo ancor più radicale il “fantasma” del genere e creare un ambiente ad hoc che fosse privo di stereotipi, al/alla “theyby” Zoomer è stato inoltre insegnato a riferirsi agli oggetti inanimati con il termine plurale generico “essi/loro” piuttosto che con i pronomi esso/essa o lui/lei ed a vestire abiti sia maschili che femminili.
Nonostante entrambi abbiano ammesso che Zoomer abbia già iniziato a notare le differenze fisiche tra uomo e donna e si aspettino che verso i 3-4 anni inizierà ad indentificarsi con uno o l’altro sesso, i coniugisono intenzionati a proseguire la loro educazione all’anticonformismo di genere con la speranza che questo svincolerà il figlio (o la figlia) dagli stringati pilastri sociali del secolo attuale.
CALCIATORI E BALLERINE
Questa nuova concezione - ancora troppo acerba per essere analizzata su scala mondiale - rende lampante il profondo cambiamento psicologico della società attuale: anni fa le nozioni circa la sfera sessuale rientravano in due unici grandi compartimenti stagni con sopra lampanti le etichette “maschio” di colore blu a caratteri cubitali e “femmina” in corsivo sottile.
L’influenza del preconcetto sembrava in particolare accanirsi sui maschi, per i quali esistono taciti tabù che conducono soprattutto i più giovani all’esacerbata ricerca di un machismo ostentato e, di contro, originano un sistema deleterio basato sulla dominanza fisica, ma soprattutto psicologica, nei confronti della donna, considerata per natura fragile e alla ricerca di protezione. Oggi però i contorni di queste macro-categorie si sono fatti più labili, cedendo all’intromissione di zone grigie come bisessualità, asessualità, transessualità, pan e polisessualità, skoliosessualità e molte altre che non possiedono (o ricusano volontariamente) una designazione ufficiale.
SESSO VS. GENERE
A differenza del “sesso” che concerne le differenze biologiche, anatomiche e cromosomiche tra maschio e femmina, la nozione di “genere” si costruisce dalla nascita fino all’età adulta, plasmandosi attraverso l’influenza di genitori, coetanei, mass media fino a raggiungere la forma di status sociale.
La teoria cognitiva-ontogenetica di Kohlberg postula come questi concetti di identità, stabilità e costanza di genere vengano acquisiti e interiorizzati spontaneamente, senza bisogno di essere insegnati, presupponendo quindi il primato di una predisposizione naturale. Opposta ad essa è invece l’ipotesi dell’apprendimento sociale proposta da Bandura, che ostenta come caposaldo l’imitazione del comportamento altrui e soprattutto rivendica la consequenzialità tra l’esempio impartito da individui/fattori esternie lo sviluppo sessuale infantile. È all’interno di questa seconda visione, nella quale si esalta la preminenza dell’ambiente sulla natura, che si potrebbe collocare il pensiero “theyby”, nonostante quest’ultimo ne rappresenti un’estremizzazione che ancora una volta ci spinge a rivedere il confine tra biologia e libero arbitrio.