Milano, 6 aprile 2018. Erano le 8:17 quando Houda, una ragazza marocchina che vive da ormai diciassette anni qui in Italia, è stata aggredita. Erano le 8:17 e stava prendendo la metro rischiando di arrivare tardi all'università, ben sapendo che odia arrivare tardi. Erano le 8:17 quando il cuore di questa ragazza ha perso un battito, sentendosi spingere ed inveire contro. La paura l'ha gelata sul posto, le ha impedito di muoversi e di fare qualcosa, mentre uno sconosciuto continuava ad insultarla, ad alzare le mani, a minacciarla.

Ha cercato di scappare dal suo assalitore, di fuggire, di confondersi con il via vai che pullulava la banchina quella mattina, ma nonostante ciò l'uomo non si è fermato.

Houda è stata forte, e nella sua paura è riuscita a sorridere a quello sconosciuto, affinché non la vedesse piangere. E proprio questo suo gesto ha contribuito a sciogliere i cuori delle persone che si trovavano attorno a lei. Amore e solidarietà sono arrivati proprio da costoro, facendo capire a Houda di non essere più sola, di non essere più lei quella discriminata per il suo velo rosa confetto, di non essere additata come un'assassina né umiliata: tutti l'hanno appoggiata, le sono stati vicini e l'hanno rassicurata, consentendole di tornare ad essere felice. E proprio l'assalitore, a quel punto, si è ritrovato ad essere solo e senza difese.

Queste aggressioni di natura sia razziale che xenofoba non sono purtroppo eventi singoli ma in costante aumento, dettati dalla paura del cosiddetto "diverso".

Razzismo e xenofobia

Sorge, dunque, la necessità di compiere una distinzione tra ciò che consideriamo razzismo e ciò che invece viene considerato più generalmente come razzismo. Bisogna innanzitutto specificare che si definisce razzismo l'idea che la specie umana possa essere suddivisibile in più razze biologicamente distinte, caratterizzate da diverse capacità intellettive, valoriali o morali, da cui ne consegue la convinzione della determinante razziale, in una gerarchia secondo cui un particolare raggruppamento possa essere definito superiore o inferiore ad un altro.

Per quanto riguarda, invece, ciò che viene definito xenofobia, s'intende più precisamente l'ostilità determinata da: pregiudizi religiosi, socioculturali o da fattori politici o economici. Nonostante il suo appellativo, questa non è una fobia, anche se ciò non porta ad escludere che possa contenere in sé alcune patologie vere e proprie, le quali sembrerebbero assumere varie forme di diversa intensità.

Se analizziamo, infatti, le persone intolleranti e che presentano difficoltà ad accettare un aspetto differenziato della vita, si tratta tendenzialmente di soggetti inclini al narcisismo e con manie egocentriche. Inoltre possiamo riscontrare, nei casi di intolleranza più grave, anche comportamenti fortemente egoistici e con una forte paura, radicata a livello inconscio, dell'individuo diverso da sé.

Il loro profondo senso di sé li porta a pensare basandosi sul proprio senso di onnipotenza e superiorità, da cui ne deriva una mentalità chiusa di cui sono possessori, e la loro convinzione di essere divulgatori di verità assolute.

Questi aspetti possono essere la sede di un fanatismo di per sé esagerato che, di conseguenza, diventerebbe la principale forza motrice dell'intolleranza, del razzismo e degli scontri etnici: queste derivazioni avrebbero, in realtà, una radice unicamente di matrice psicologica, che riguarda il loro vissuto personale.

Le esperienze che ogni individuo vive, se vissute in modo errato, potrebbero tramutarsi in questa paura radicata inconscia che il cervello tramuterebbe in xenofobia.

Freud ipotizzava anche che la xenofobia si venisse a creare proprio durante i primi mesi di vita del bambino che, non essendo più al centro dell'attenzione della madre, accrescerebbe quest'irrazionale paura. Sarà compito della madre, in particolare durante il primo anno di vita, far fronte a questa realtà del bimbo, senza accrescerne la paura.