Si è conclusa con quella che è una vera e propria assoluzione da tutte le accuse la vicenda del giovane carabiniere che, nello scorso dicembre, era finito al centro dell’attenzione mediatica per avere appeso nella sua stanza, all’interno della caserma Baldissera a Firenze, una bandiera considerata un simbolo neonazista. Nei giorni scorsi il colonnello Raffaele Fedocci, comandante del 5° Reggimento Carabinieri Emilia Romagna, ha cancellato anche i tre giorni di consegna semplice che in primo grado erano stati comminati al militare, una punizione sostanzialmente lieve ma che poteva pregiudicarne la carriera.

Il colonnello Fedocci ha ritenuto valide le giustificazioni addotte dal carabiniere, supportato dall’avvocato Giorgio Carta: appassionato di storia e di araldica, il militare aveva appeso la bandiera solo in quanto reperto storico, utilizzato dalla marina militare tedesca del Secondo Reich, completamente ignaro del fatto che in Germania la stessa bandiera viene utilizzata da frange neonaziste.

Il presunto scoop e l’intervento del ministro Pinotti

La vicenda ha avuto inizio lo scorso dicembre quando il sito web “ilsitodifirenze.it” ha pubblicato una fotografia ritraente l’interno di uno degli alloggi della caserma Balsiddera, che ospita il 6° Battaglione Carabinieri Toscana. Nell’immagine appariva una bandiera militare non appartenente alle forze italiane, ma a quelle tedesche.

L’articolo, nella sua prima versione, sosteneva che la bandiera fosse da attribuire al Terzo Reich e quindi al regime nazista, in un secondo momento – anche in forza alle numerose critiche apparse sui social network – l’autore aveva corretto il testo definendo la bandiera quale la cosiddetta Reichskriegsflagge, in uso alla marina militare germanica prima dell’avvento del Terzo Reich e del nazismo.

La questione però rimase, perché la stessa bandiera viene utilizzata oggi in Germania da formazioni neonaziste, cui le leggi tedesche vietano fermamente di ricorrere e utilizzare simboli direttamente riferibili al periodo storico hitleriano.

Nella vicenda intervenne pesantemente il ministro della Difesa Roberta Pinotti, che in diversi post pubblicati su Twitter aveva criticato la presenza della bandiera all’interno di una caserma dei carabinieri, chiedendo esplicitamente rapidi e seri provvedimenti.

Il militare coinvolto affermò da subito di non essere a conoscenza dell’utilizzo fatto in Germania della bandiera oggetto della vicenda, confermando di essere appassionato di storia e in particolare proprio del periodo in cui era utilizzata la Reichskriegsflagge, ragion per cui collezionava reperti storici dell’epoca.

Le decisioni della giustizia militare e l’assoluzione del carabiniere

La vicenda ebbe un primo sviluppo lo scorso marzo, quando al militare vennero inflitti tre giorni di consegna semplice perché l’esposizione della bandiera, come pubblicato dai media nazionali, aveva causato “l’esposizione mediatica dell’Istituzione e del Reparto”, con lesioni all’immagine dell’Arma, da sempre estranea a ogni appartenenza o competizione politica.

Su questa decisione i legali del militare avevano subito annunciato la presentazione di un ricorso gerarchico, di cui si sono ora conosciuti gli esiti.

Come accennato prima, il colonnello Fedocci ha accolto il ricorso perché il militare coinvolto risulta essere stato estraneo a ogni schieramento politico, in particolare è “alieno” sia a manifestazioni neonaziste sia ad aver mai espresso pensieri allineati al neonazismo. Anzi, il dito viene puntato contro chi ha lanciato il presunto scoop: secondo il giudicante, tutta la vicenda è nata da un giornalismo più vicino alle procedure del gossip che al riferire fatti di cronaca. L’articolista avrebbe usato mezzi di riproduzione fotografica per carpire un’immagine, in un luogo militare, per poi “prospettare, riuscendovi, una notizia sensazionale”.

Nella motivazione dell’accettazione del ricorso viene confermato che il carabiniere non ha mai partecipato a manifestazioni eversive, nel corso delle quali si poteva ipoteticamente fare uso del vessillo, e questo rende plausibile la mancata conoscenza dell’uso improprio della bandiera stessa.

Inoltre, il militare è stato in grado di motivare il possesso della Reichskriegsflagge spiegando le proprie passioni per l’araldica e per la storia, suffragate dalla sua iscrizione alla facoltà di Storia presso l’Università La Sapienza di Roma. Infine, il carabiniere non aderisce ad alcun contesto politico pseudo eversivo e ha dimostrato di aver acquistato la bandiera su un sito web di articoli militari, completamente estraneo a connotazioni estremistiche e che non vende nessun simbolo del nazional-socialismo.

Dopo aver fatto notare che il vessillo appartiene a un periodo storico tedesco “qualificato da istituti democratici” del tutto lontani dal “periodo dittatoriale” e che sono solo le formazioni di ispirazione neonazista a fare un uso improprio della bandiera, il colonnello Fedocci ha ritenuto che non vi sia alcun elemento a sostegno della tesi del danno d’immagine all’Arma, né che il militare abbia agito con leggerezza, superficialità o scarso senso di responsabilità.

Di conseguenza, anche la punizione pari a tre giorni di consegna semplice è stata annullata. Fine della vicenda e completa riabilitazione del giovane carabiniere.