Dopo 9 anni, un carabiniere imputato accusa due colleghi di aver preso parte al pestaggio di Stefano Cucchi. Durante l'udienza di oggi, 11 ottobre, Francesco Tedesco, che già da verbale del 9 luglio, aveva dichiarato di aver preso parte come osservatore ai pestaggi e di aver più volte cercato di far desistere chi ne era parte attiva, chiama in causa due suoi colleghi: Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro. Una rivelazione questa che cambia completamente le sorti di questo caso. "Oggi finalmente è stato abbattuto un muro", ha dichiarato a tal proposito la sorella di Stefano, Chiara Cucchi.
Stando a quanto dichiarato da Tedesco, sembra che, a monte dei pestaggi, ci sia una lite tra Cucchi e Di Bernardo e che quest'ultimo innervosito per la discussione, abbia iniziato a picchiare il 31enne in custodia cautelare. Il tutto iniziò con uno schiaffo dato a Cucchi da Di Bernardo al quale poi si è unito un calcio di D'Alessandro. Da lì la cosa è degenerata in un pestaggio violento al quale Tedesco dichiara di aver più volte cercato verbalmente di porre fine. Tedesco ha dichiarato che, una volta che i due colleghi avevano concluso, si era avvicinato a Cucchi e gli aveva chiesto informazioni sulle sue condizioni e che l'uomo, seppur in visibile stato confusionale, gli avesse risposto bene.
Tedesco non avrebbe confessato fino ad ora perché Di Bernardo e D'Alessandro gli avevano chiesto di mantenere il silenzio e che, vista la frase minatoria, teneva ci fossero delle ripercussioni. A dare la forza a Tedesco per confessare sono state anche le dichiarazioni di altri colleghi che affermavano l'effettivo avvenimento del pestaggio.
Allo stato attuale sono quindi sotto processo con le accuse di omicidio preterintenzionale e abuso di autorità: Alessio Di Bernardo, Raffaele D'Alessandro, Francesco Tedesco mentre per calunnia Roberto Mandolini e Vincenzo Nicolardi. Sui social parte lo sfogo liberatorio della sorella Chiara che in un lungo post afferma che saranno in tanti ora a dover chiedere scusa alla sua famiglia e in primis a suo fratello.
Evidenza inoltre lo stato in cui Stefano ha vissuto i suoi ultimi giorni additandolo come disumano e di estrema crudeltà.
Il fatto
Ottobre 2009, Stefano Cucchi viene beccato dai carabinieri mentre passava a Emanuele Mancini una bustina trasparente in cambio di alcune banconote. Immediata la perquisizione che porta le forze dell'ordine a trovare altre 12 bustine trasparenti e di qualche pastiglia nelle tasche della giacca del 31enne romano. Il contenuto delle bustine erano 21 grammi di hashish mentre le pastiglie sono risultate essere, sulla base di indagini posteriori, cocaina, sostanze inerti e un medicinale che il giovane utilizzava per curare l'epilessia. Per Cucchi viene decisa la custodia cautelare presso il carcere di Roma.
Al momento del suo ingresso nella struttura, Cucchi era in uno stato di salute piuttosto buono, nonostante fosse notevolmente sottopeso.
Durante le udienze Cucchi si presenta in aula con lividi visibili e in uno stato di deperimento sempre maggiore. Nonostante i segni delle percosse siano sotto gli occhi di tutti, Cucchi non ne fa parola con nessuno, nemmeno con il padre con il quale ha un breve dialogo prima dell'inizio della prima udienza. Le condizioni del 31enne continuano a peggiorare fino a quando non viene ricoverato all'ospedale Sandro Pertini e muore. Era il 22 ottobre del 2009 e il ragazzo, rispetto a quando era stato beccato con la droga e poi messo in custodia cautelare, aveva perso 6 chili.
Da 43 di partenza, aveva raggiunto il peso corporei di 37 kg, drammaticamente basso per un ragazzo alto 1,62.
Le indagini
Dopo la morte di Cucchi, i primi ad essere interrogati sono i membri del carcere che sin da subito negano ogni coinvolgimento con le evidenti percosse riscontrate nel corpo del giovane al momento della sua morte. Nessun coinvolgimento sostengono, così sulla morte di Cucchi gli inquirenti iniziano ad avanzare diverse ipotesi che partono addirittura dalle più scontate viste le condizioni di salute precarie del giovane una volta entrato in carcere. Ecco che fanno quindi capolinea anoressia e tossicodipendenza. A smentire però ogni teoria è un testimone vicino a Cucchi che afferma che lo stesso gli aveva riferito di essere stato più volte picchiato.
A questa prima testimonianza però se ne aggiungono altre fino ad arrivare a quella cruciale di Silvana Cappuccio che dichiarò di aver visto di persona gli agenti della polizia penitenziaria picchiare Cucchi.
Di contro però, le analisi mediche affermano che, a provocare la morte di Cucchi è stata la negligenza medica. Hanno trovato nello specifico un'elevata ipoglicemia, alterazioni della funzione epatica e una ostruzione del catetere vescicale. Tutte cose che, con una dovuta attenzione da parte del personale, potevano essere curate. Le voci però sui pestaggi diventavano sempre più forti e ricche di dettagli al punto che, vengono descritte delle scene che si ripetevano in maniera piuttosto cadenzata. Cucchi gettato a terra dagli agenti che poi lo colpivano con calci e pugni su tutto il corpo, in particolare sull'addome.