Il vice premier Di Maio, durante un servizio delle Iene, ha confermato che suo padre aveva un lavoratore in nero che lavorava nell'impresa di famiglia. L'inchiesta del programma di Italia 1 però si è allargata anche al ministro stesso, ponendo dubbi sul passato del vicepremier, al quale ha chiesto se fosse regolarmente registrato quando lui stesso lavorava nell'impresa del padre.

Di Maio conferma che l'azienda di famiglia ha avuto un lavoratore in nero

Riguardo a quanto emerso sul lavoratore a nero il ministro esclama: "C'è stato lavoro nero e questo è un fatto grave".

Di Maio, difatti, ha verificato e poi confermato lui stesso che nella sua azienda familiare era assunto un lavoratore (Salvatore Pizzo) non in regola. Il capo del ministero del Lavoro però ha cercato di giustificarsi in qualche modo: "Solo lui" afferma, ma secondo l'indagine delle Iene sono spuntati altri tre casi di lavoratori pagati in nero (Mimmo, Stefano e Giovanni). Filippo Roma, inviato delle iene, ha tallonato Di Maio chiedendogli la documentazione che dimostri che lui stesso in quel periodo non lavorasse in nero: il ministro ha così accettato la sfida promettendo di consegnare presto i documenti.

Gli altri tre lavoratori in nero sarebbero stati impiegati dalla ditta familiare del ministro tra il 2008 e il 2010, ovvero prima che Di Maio entrasse nella compagine sociale nel 2012.

L'azienda edilizia, che è stata 30 anni in mano al padre, nel 2012 ha visto i figli Luigi e Rosalba entrare come soci al 50%.

Domenico Sposito, il lavoratore in nero dipendente della Ardima Costruzioni, fece addirittura causa per farsi riconoscere le ore lavorate in nero. Il contenzioso, poi, è andato avanti anche negli anni successivi ovvero quando la società è diventata Ardima srl gestita anche dal ministro del Lavoro.

Secondo alcune indiscrezioni pare ci fosse stato un tentativo di conciliazione con il dipendente poi naufragato, ciò che resta da capire ancora è se Di Maio all'epoca dei fatti ne fosse informato visto che detiene il 50% delle quote societarie. Sarà ora l'ispettorato del Lavoro, presieduto proprio da lui, a fare le opportune verifiche.

Mimmo, Giovanni e Stefano

La lite giudiziaria con l'ex dipendente in nero non è l'unica a far preoccupare Di Maio. Le altre tre persone che affermano di aver lavorato a nero nell'azienda familiare potrebbero infatti portare guai seri al ministro: Mimmo, ci ha lavorato per tre anni. Giovanni per otto mesi. E ancora: Stefano, che si sarebbe dato alla fuga nei campi per evitare i controlli dell'Ispettorato del lavoro. I Grillini alla Camera hanno anche raccontato di una lite tra Di Maio e il padre, reo di aver mentito all'attuale ministro. Come riportato da Il Messaggero, lo stesso Di Maio starebbe pensando di chiudere la ditta di famiglia, 'tanto è ferma da tempo' la chiosa del ministro.