Nel corso dell'ultima puntata de Le Iene, Roberta Rei ha affrontato un tema molto importante e delicato, il disturbo post traumatico da stress che colpisce in modo particolare i militari italiani reduci da una qualche missione di guerra nel mondo. Ciò che è emerso è drammatico, ma il ministro della difesa ha dato buone speranze per il futuro.

Disturbo post traumatico da stress, i sintomi

Roberta Rei ha intervistato 2 militari e una donna, moglie di un militare che si è tolto la vita a causa di questo problema: in tutti e tre emerge una dura realtà, un killer silenzioso di cui non si può parlare tra i militari perché causa di vergogna e considerato segnale di poca virilità.

I sintomi principali del disturbo post traumatico da stress sono i seguenti:

  • attacchi di panico
  • tachicardia
  • incubi notturni
  • difficoltà a distinguere la realtà dall'addestramento
  • momenti quotidiani che fanno rivivere i traumi in flashback del passato

Nei casi più estremi, questa patologia può portare al suicidio: tra il 2003 e il 2013 sono 240 i militari italiani che si sono tolti la vita perché incapaci di sopportare la pressione e il trauma subito. Sono soprattutto militari reduci dalle missioni in Afghanistan e in Iraq, che magari hanno vissuto la paura di un attentato o di un'esplosione e che hanno perso un arto in tale circostanza.

Ma al di là dei segni visibili di tali eventi negativi, vi sono dei segni invisibili: sono quelli che colpiscono la mente, il cuore e l'animo dei soldati i quali per vergogna o per paura di perdere il proprio posto di lavoro scelgono di stare in silenzio.

Anche l'assistenza militare fatta di psicologi e psichiatri in uniforme non è di aiuto nei confronti di queste persone: al contrario, spesso non riconoscono i sintomi di questo disturbo.

La testimonianza di Tommaso

È Tommaso che decide di raccontare la propria storia grazie anche all'aiuto di sua moglie Nina: la vita di Tommaso cambia durante un attentato in Afghanistan.

Qui perde la sua mano destra che gli viene ricostruita con vari interventi chirurgici e in quei mesi di riabilitazione la sua voglia di tornare in missione è enorme perché è così che gli hanno insegnato nel'esercito: è un guerriero che ha ricevuto il battesimo del fuoco, che è stato colpito, ma non è caduto. Dopo la riabilitazione viene ritenuto idoneo, anche se nessun psicologo o psichiatra ha analizzato la sua mente, ma niente più è come prima: di notte Tommaso urla, suda, sogna la sua bara con la bandiera.

Quando gli viene comunicato di essere stato scelto per la missione, Tommaso sa che non può farcela e decide di togliersi la vita imbottendosi di farmaci: è stata proprio sua moglie a salvarlo in quel bagno in cui aveva scelto di morire e di lì a poco la reazione dei suoi ex colleghi, dei suoi superiori e di quelli che prima erano suoi amici è di esclusione, di allontanamento e denigrazione. Oggi Tommaso sta bene e afferma che l'esercito non l'ha aiutato come fa una mamma con i figli, ma l'ha lasciato in Afghanistan.

La promessa del Ministro della Difesa

Sul finire del servizio Roberta Rei ha portato questo tema all'attenzione del ministro della Difesa Elisabetta Trenta che ha ribadito di essere a conoscenza del problema e che a tal proposito è stato realizzato un centro Veterani per dare supporto psicologico a tutti coloro che sono tornati dalle missioni di guerra feriti nel profondo della propria persona.