Proprio stamattina è arrivata da New York l'ultima novità riguardante l'incessante conflitto tra Siria ed Israele: a parlare è stato l'ambasciatore di Damasco, che ha portato l'attenzione generale dell'ONU su questa situazione in Medio Oriente, preannunciando una possibile reazione siriana.

Attentato all'aeroporto di Damasco

Di fronte all'attacco di domenica notte da parte dei raid israeliani contro l'aeroporto di Damasco - considerato il più violento dell'ultimo anno in quanto ha causato circa 21 morti -, l'ambasciatore Bashar Jafaari, durante una riunione del Consiglio di Sicurezza, ha chiesto allo stesso Consiglio di fermare queste continue aggressioni da parte di Israele, facendo intendere che, nel caso ciò non accadesse, la Siria si vedrà costretta a rispondere con un attacco 'simmetrico' all'aeroporto di Tel Aviv.

Un occhio per occhio che trova la sua giustificazione nel diritto all'autodifesa.

Il coinvolgimento della Siria

Sempre in nome dell'autodifesa era nato proprio quest'attacco di Israele, definito necessario dal premier Netanyahu ai fini di indebolire la presenza iraniana in Siria. Questa è stata la prima volta in cui Israele ha ufficializzato il proprio attacco nel Paese, effettuato per rispondere ad un missile che l'Iran aveva lanciato precedentemente contro una località sciistica israeliana. Dalla sua, seppure non ufficialmente, Israele ha gli Emirati Arabi, che sempre all'ONU hanno descritto l'Iran come una minaccia alla stabilità del Medio Oriente, senza fare alcun riferimento agli attacchi israeliani in Siria, e invitando anzi la comunità internazionale ad intervenire contro Teheran.

Il rappresentante degli Emirati, Saud a Shamsi, ha attribuito all'Iran anche la responsabilità dei conflitti nello Yemen.

La conferenza a Varsavia sul Medio Oriente

A metà febbraio è prevista una conferenza a Varsavia sul Medio Oriente, e gli Emirati Arabi saranno presenti; la Russia su questa ultima vicenda, ha dichiarato che non mostrerà ulteriore tolleranza nei confronti di questi attacchi di Israele, e proprio oggi andrà a Mosca il presidente turco Erdogan per incontrare Putin e discutere del ritiro delle truppe americane dalla Siria.

Intanto, giusto ieri un palestinese è stato ucciso dall'artiglieria israeliana che ha iniziato a sparare contro il campo profughi di Al Bureij; precedentemente, un soldato israeliano era stato ferito da un cecchino lungo il confine della Striscia di Gaza. Ad oggi, dunque, sembra non esserci ancora una soluzione che possa evitare nuove vittime.